Bernard (Gérard Depardieu) e Mathilde (Fanny Ardant), un tempo si amavano.
Dopo le solite incomprensioni, si perdono di vista e otto anni dopo, per caso, lei va ad abitare con il marito Philippe (Henri Garcin) nella villetta di fronte a quella di Bernard, sposato con Arlette (Michèle Baumgartner) e padre del piccolo Thomas.
Basta uno sguardo e Bernard e Mathilde ridiventano amanti.
Scoperti, Bernard ritorna con la coda tra le gambe dalla moglie, in attesa di un secondo bambino; Mathilde, invece, piomba in un grave stato depressivo ed è ricoverata in una clinica per malattie mentali.
Con il passare dei giorni Mathilde non migliora e, nel tentativo estremo di scuoterla, Philippe chiede a Bernard di andare a trovarla in clinica.
Ma Mathilde ha intuito che il suo amante non l’ama più e, una volta dimessa, gli chiede un ultimo incontro. Il finale non potrà essere che tragico.
Truffaut impagina una delle storie di “amor fou” più intense della storia del cinema e lascia che la passione dei due amanti trasudi in ogni inquadratura.
Incapace di accettare compromessi, dimentica della rispettabilità borghese, Mathilde, piuttosto che seppellire sotto la cenere l’amore che nutre per Bernard, si lancia a capofitto in una storia che inevitabilmente finirà per travolgerla.
Grande cantore dell’animo femminile, il regista ci ricorda come in amore le donne sono disposte, senza fare calcoli, ad andare fino in fondo, e a rischiare in prima persona, giocandosi tutto; reputazione, stabilità, privilegi e sicurezza economica.
Al confronto Bernard impallidisce ed appare come un uomo meschino, mediocre ed emotivamente controllato. Con piccoli tocchi, Truffaut ci descrive il graduale scompaginamento della mente di Mathilde ed in clinica è sottoposta, senza successo, alla cura del sonno.
Lo psichiatra (Philippe Morier-Genoud) che l’ha in trattamento è una persona fredda, insensibile e razionale ed a Philippe espone le sue ipotesi sulla malattia che attanaglia Mathilde.
Nel corso delle sedute lo psichiatra non solo non è in grado di accogliere il dolore di Mathilde, ma appare come un individuo piccolo e meschino, al punto che scatena la sua rabbiosa reazione:
“Io non valgo niente, proprio niente. C’è qualcosa in me che respinge la gente. Mio marito mi ama, mio marito è come lei! Fa solo finta di ascoltarmi. Mi dice: “Dovresti voltare pagina” ma lui non sa che pesa cento chili.”
Il regista francese lascia ad Odile Jouve (Véronique Silver), una donna divenuta zoppa, costretta a camminare con l’ausilio di un bastone perché anni prima aveva tentato il suicido per amore, il compito di fungere da voce narrante e sintetizzare la travagliata ed infelice storia d’amore dei due protagonisti:
“I corpi di Matilde e di Bernard temo proprio che non saranno tumulati insieme. Se dovessi scegliere un’epigrafe funeraria per quei due, so bene cosa scrivere: Né con te, né senza di te”. Ma nessuno chiederà il mio parere.”
Per un approfondimento sul tema con schede film e commento critiche si rimanda alla lettura di “Cinema mon amour I 100 film francesi da amare” di Ignazio Senatore – Classi Editore – 2024
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