La stanza delle identità occulte di George Milton – G.B – 1988

20 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
La stanza delle identità occulte di George Milton – G.B – 1988
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Sull’elegante e sinistro Station Hotel grava una terribile leggenda; la stanza 207 è ormai chiusa a chiave da anni perché chi ci dorme è assalito dagli incubi sognati dagli ospiti che vi avevano precedentemente soggiornato. Jay (Trevor Eve) il proprietario dell’albergo fa finta di nulla  e cerca di espugnare il cuore di Greta (Ute Lemper) un’ospite dell’hotel. Neanche Wim (George Lenz) il cuoco eroinomane dell’albergo e Goffrey (Detlef Bothe) un soggetto ritardato, suo aiutante ci danno molto peso e continuano a sfornare come se nulla fosse, deliziosi manicaretti. Ma la tragedia è dietro l’angolo e l’albergo si trasforma ben presto in un mattatoio.

Film elegante e raffinato che diserta i classici temi delle case infestate dagli spiriti e da altre presenze occulte e propone alcuni frammenti della vita dei diversi ospiti, attanagliati tutti da inconfessabili segreti; Greta è ex starlette che posava nuda per giornali per soli uomini; il signor Arthur Johnson, sull’orlo della follia si aggira nell’albergo convinto di trovare nell’hotel il responsabile della morte del figlio scomparso; un anziano signore è divorato da terribili ed inconfessabili rimorsi. Tra gli incubi che attanagliano i diversi personaggi spicca quello di Susan (Ise Tran) una ragazza cinese che, dopo aver soggiornato una notte nella famigerata stanza 207 sogna, regressivamente, il momento in cui è venuta al mondo e vede la madre che cercava di ricacciarla, nuovamente, in grembo. Ad un anziano ospite dell’albergo confessa che da piccola era stata abbandonata dalla madre ed era ritornata in quei luoghi per cercarla; si suiciderà, tagliandosi le vene in una vasca da bagno. Il titolo italiano fa leva più sugli aspetti orrifici della vicenda; quello originale è più delicato e rimanda alle delizie culinarie allestite da Wom e Goffrey.

 

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