Buenos Aires. L’infermiere Jorge Ramirez (Sergio Pangaro), lavora in un istituto geriatrico e si prende cura da anni di Romano (Alberto Laiseca), un anziano indementito e mutacico, inchiodato su una sedia a rotelle.
Jorge lo porta in giardino, gli accende le sigarette, gli somministra scrupolosamente le pillole e un giorno, per caso, scopre che custodisce dei disegni. Pur non avendo nessuna competenza in campo artistico, intuisce che sono pregevoli e, spacciandoli come propri, li mostra a un paio di galleristi.
Losada (Enrique Gagliese), un mercante d’arte, gli organizza su due piedi una personale che riscuote enorme successo. Mercanti e collezionisti sono sempre più a caccia delle opere di Jorge, definito l’artista d’avanguardia del momento…
I due registi argentini, all’esordio, compongono un film che mette alla berlina critici, giornalisti e gli operatori che ruotano intorno al mondo dell’arte. Il nome di Marcel Duchamp ricorre (non a caso) frequentemente e rimanda all’ipotesi che anche Jorge, avendo scoperto i disegni “dimenticati” di Romano possa essere considerato anche lui un artista.
Le parti più divertenti del film sono i farneticanti commenti dei critici che collocano le presunte opere di Jorge all’interno dei più disparati movimenti artistici e le gustose risposte di Jorge che, essendo a corto di nozioni sull’arte, ai giornalisti che lo intervistano, regala delle riflessioni banali, lette, invece, come provocatorie e spiazzanti.
In questa satira Duprat e Cohn avrebbero però potuto graffiare di più, ma la pellicola, (che procede per quadri), è godibile, anche se i prolungati silenzi e gli spazi vuoti e asettici della struttura dove è ricoverato Romano, finiscono per appesantire la fruizione della pellicola.
Singolare la scelta dei due registi di non mostrare le acclamate opere di Romano.
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