L’avversario (L’adversaire) di Nicole Garcia – Francia, Svizzera, Spagna – 2002

6 Dicembre 2024 | Di Ignazio Senatore
L’avversario (L’adversaire) di Nicole Garcia – Francia, Svizzera, Spagna – 2002
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Jean-Marc Faure (Daniel Auteuil) è uno stimato medico e lavora a Ginevra come funzionario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. 

Sposato con la moglie Christine (Géraldine Pailhas), e padre di due splendidi bambini, vive in una bella villa e passa la vita tra una cena con gli amici e qualche viaggio a Parigi.

Premuroso, gentile, sempre attento alle etichette, Jean-Marc gestisce i soldi del suocero, ma quando questi gli chiede di prelevare una grossa somma dal conto, Jean-Marc tentenna e prende tempo.

I sempre più frequenti viaggi a Parigi, i suoi prolungati silenzi, il suo girovagare per casa come un’ombra iniziano ad insospettire Christine.

Messo alle strette Jean Marc inizia a vacillare, ma non ha il coraggio di confessarle che non è un medico e che la sua vita è tutta una finzione. Per evitare che possa scoprire la verità…

Garcia (Place Vendôme, Quello che gli uomini non dicono, Tre destini un solo amore…) raffredda volutamente la narrazione e ci mostra come Jean-Marc abbia lottato con le unghie e con i denti per tenere in piedi il castello di menzogne che negli anni si è costruito.

Taciturno, introverso ed emotivamente congelato, finge di essere un medico stimato, non tanto per ottenere una gratificazione personale, ma solo per regalare alla moglie e agli adorati figli un’(im)possibile felicità.

Più che le sue pietose bugie, colpisce il suo non aderire a quel mondo a cui aveva scelto di appartenere; Jean-Marc, infatti, partecipa ai convegni scientifici ma non fa amicizia con nessun medico e trascorre le giornate chiuso nella camera d’albergo senza scambiare una parola con anima viva.

Neanche la relazione con la seducente Marianne (Emmanuelle Devos) sembra scaldargli il cuore e, nel corso del film, quasi sottovoce, confessa a se stesso:

“Questi anni sono passati così in fretta, credevo sempre di avere il tempo, credevo che avrei trovato la strada per… Ma tutto è troppo lento quando si è soli”. Incapace di affrontare la realtà affida ad un nastro le proprie confessioni:

“Era il secondo anno di università; avevo già passato un paio di esami. Mi sono alzato per fare l’esame d fisiologia. Tutto ad un tratto è stato come se qualcosa dentro di me avesse ceduto, fosse crollato. Non sentivo più le gambe, più niente. Ho lasciato passare il tempo, non ce l’ho fatta. Non sono un medico, non lavoro all’OMS. Quando esco di casa non vado da nessuna parte. Guido, mi fermo, aspetto.”

Garcia non prende posizione e lascia che il tormento del protagonista esploda nello straordinario e orrifico finale. La stessa vicenda ha ispirato A tempo pieno di Leonard Cantet.

Per un approfondimento sul tema con schede film e commento critiche si rimanda alla lettura di “Cinema mon amour I 100 film francesi da amare” di Ignazio Senatore – Classi Editore – 2024

 

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