Le vie del Signore sono finite di Massimo Troisi– Italia – 1987 – Durata 84’

19 Marzo 2021 | Di Ignazio Senatore

Da quando Vittoria (Jo Champa) la sua fidanzata lo ha abbandonato, Camillo Pianese (Massimo Troisi) è affetto da una paralisi agli arti inferiori. Suo padre (Enzo Cannavale) sua sorella (Clelia Rondinella) e suo fratello Leone (Marco Messeri) non danno peso alla sua malattia, diagnosticata, da un giovane medico come “psicosomatica”. Durante il viaggio di ritorno da Lourdes, Camillo stringe un’affettuosa amicizia con Orlando (Massimo Bonetti) un uomo schivo, riservato ed appassionato di poesia, inchiodato su una sedia a rotelle. Giunto in paese Camillo scopre che Vittoria è ancora innamorata di lui e che, nonostante le pressioni della madre, ha lasciato il fidanzato con il quale flirtava negli ultimi tempi. Riacquistato l’uso delle gambe, Camillo chiede a Vittoria di presentare ad Orlando, Anita, una sua amica e mentre sono insieme al bar, Camillo si lascia andare ad una battuta salace su Mussolini, scatenando la dura reazione di Anita che segnala il suo irriguardoso comportamento ad un avvocato fascista. Dopo essere stato pestato, Camillo è condannato ad un paio di anni di carcere. Orlando prova, invano, a rubare il cuore di Vittoria e Camillo, convinto che i due si sono fidanzati, si blocca psicologicamente e finisce nuovamente su una sedia a rotelle. Scontata la pena, Camillo riacquista l’uso delle gambe e, dopo essere ritornato in paese, raggiunge Vittoria a Parigi dove corona il suo sogno d’amore.

Troisi ambienta la vicenda  negli Anni Venti, in un paesino del Sud, abbandona i toni comici delle pellicole precedenti e ci regala il ritratto ironico e melanconico del protagonista, un giovane barbiere, bugiardo ed un po’ arruffone che si batte come un leone affinché la malattia di cui è affetto, per quanto immaginaria, sia rispettata dai familiari al pari di qualsiasi altra di origine organica.

Il film si apre con un giovane medico, appassionato di psicoanalisi, che scrive una lettera ad un uomo di scienza per sottoporgli la storia clinica del paziente: Nel corso della vicenda il medico informa il luminare sull’evoluzione della malattia del paziente. Pur non ricevendo nessuna risposta dall’esimio professore, sul finale, il dottore gli invia una terza lettera dove gli comunica che Camillo è, presumibilmente, guarito: “Il mio paziente è guarito e voi dovete saperlo!  E’ successo proprio in seguito alla speranza di rivedere la donna che, io credo, inconsciamente, desiderava riavvicinare…Lei ha rotto il fidanzamento con il rivale e Camillo si è sentito vicino ad ottenere le attenzioni che, inconsapevolmente, desiderava…Le attese e le speranze possono essere più efficaci di una medicina…” Annotazioni cliniche a parte, lo stesso Camillo fa, nelle prime battute del film, un esplicito riferimento alla psicoanalisi e, rivolgendosi ad Orlando, gli racconta delle sedute che effettua con il medico: Nel corso del film la terapia ad orientamento psicoanalitico è solo sullo sfondo e le acute osservazioni del medico diventano solo un espediente narrativo per permettere allo spettatore di comprendere l’origine psicosomatica della malattia di cui è affetto Camillo. Troisi ispira una profonda tenerezza, recita in punta di piedi e regala un ironico e graffiante affresco dell’Italia fascista.

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