Lontano dal Paradiso (Far from Heaven) di Todd Haynes – USA – 2002 – Durata 107’

9 Marzo 2021 | Di Ignazio Senatore

Anno 1957, Hartford, Connecticut. Frank (Dennis Quaid), stimato capo della succursale della Magnatech, e Cathy Whitaker (Julianne Moore) sembrano una coppia felice; hanno due bei pargoletti, delle ottime relazioni sociali e un’invidiabile posizione economica.

Cathy è presa a modello da tutte le mogli della Contea ed è perfino intervistata da un’anziana giornalista per il suo impegno civile e le sue idee liberali.

Frank è sotto pressione per il lavoro e rientra sempre più tardi a casa. Cathy, sempre amorevole, decide allora di portargli la cena in ufficio e lo scopre in un tenero atteggiamento con un uomo.

Frank prova a scusarsi e, deciso a sconfiggere quegli impulsi “indesiderati”, ricorre alle cure del dottor Bowman (James  Rebhorn), uno psichiatra di stampo tradizionale che, dopo avergli suggerito una cura ormonale e l’elettroshock, lo convince che l’omosessualità è una malattia e che può essere curata.

Cathy è sempre più smarrita e trova in Raymond (Dennis Haysbert), il suo giardiniere nero, laureato in economia, vedovo colto e sensibile, l’unica persona con cui scambiare qualche emozione e ricevere in cambio un pizzico di calore umano. 

Donna libera da pregiudizi, Cathy non esita a ballare con Raymond in un locale e a discorrere con lui di pittura in una galleria d’arte sotto lo sguardo sorpreso e indignato delle amiche pettegole e di Eleonor (Patricia  Clarkson) alla quale, nel corso del film, confessa l’attrazione che prova per il giardiniere.

La città, razzista e bigotta, inizia a rumoreggiare e la figlia di Raymond è presa a sassate da un paio di coetanei.

Sul finale Frank, dopo aver annegato la propria disperazione nell’alcol. accetta senza sensi di colpa la propria omosessualità, abbandona moglie e bambini e chiede il divorzio. Raymond si trasferisce in un’altra città e Cathy rimasta sola….

Haynes (Safe, Velvet Goldmine, Carol…) confeziona un intenso e lussureggiante melodramma dai colori pastello che riecheggia le atmosfere care a Douglas Sirk e tocca due temi tabù negli anni Cinquanta; l’omosessualità e il problema razziale.

La vicenda ruoti intorno a Cathy, una moglie che, dopo aver scoperto l’omosessualità del marito, non lo aggredisce, né lo caccia di casa, ma cerca di comprendere le ragioni del dramma che lo divora e attende pazientemente la sua “guarigione”.

Ben salda di fronte al precipitare degli eventi, non crolla neanche quando Frank le confessa di essersi innamorato di un altro uomo e, schiena dritta, affronta il futuro con dignità e coraggio.

Il finale sconsolato lascia l’amaro in bocca allo spettatore, ma è carico di struggente poesia.

Alla 59° Mostra del cinema di Venezia Coppa Volpi a Julianne Moore per la migliore interpretazione femminile. Citazione di Una donna dai tre volti di Nunnaly Johnson.

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