L’uomo nero di Sergio Rubini – Italia – 2009

19 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore

Gabriele Rossetti (Fabrizio Gifuni) ritorna a San Vito, piccolo paesino natio, per accorrere al capezzale del padre Ernesto (Sergio Rubini). Un flashback ci riporta agli anni Sessanta. Ernesto, romantico e ingenuo capostazione, con l’hobby della pittura, vive con la moglie Franca (Valeria Golino) insegnante, il figlio Gabriele (Guido Giaquinto) e il cognato Pinuccio (Riccardo Scamarcio), irresistibile seduttore.

Un giorno, Ernesto si reca alla Pinacoteca di Bari per ammirare un autoritratto di Cezanne ed è talmente rapito dalla bellezza del capolavoro che, sollecitato da Valeria (Anna Falchi), moglie di un dentista, decide di omaggiare il grande pittore francese, dipingendo una copia del famoso autoritratto e di allestire poi una personale.

E’ il giorno dell’inaugurazione della mostra; Ernesto attende impaziente il giudizio di Venusio (Vito Signorini), il critico d’arte del paese che, sulla Gazzetta, con acredine e supponenza, stronca, senz’appello, le sue opere.

Venusio, il borioso e panciuto critico d’arte, afferma che, l’elemento che trasforma un prodotto artistico scadente in un capolavoro non è da ricercare nel cromatismo dei colori, nella verosimiglianza del ritratto all’originale, nella tecnica usata dal pittore, bensì “nell’aria”, in quel tocco impalpabile, che solo il vero artista riesce a imprimere all’opera, rendendola magica e inimitabile.

Nel corso della vicenda, infatti, dopo aver dato una fugace occhiata all’autoritratto dipinto da Ernesto, con tono enfatico e sprezzante, irride il protagonista davanti ai paesani, esclamando che “la faccia” del suo ritratto “non respira”. Ma il finale riserverà una gustosa sorpresa…

Di “aria” e di “respiro” ce n’è, invece, tanta, in questa commedia dal vago sapore autobiografico (il padre di Rubini era un capostazione e un pittore dilettante e i quadri del film sono sue opere). Il regista (La stazione, L’amore ritorna, La terra…) ritorna nella natia Puglia e impagina un racconto melanconico, dai toni fiabeschi, carico di fascino e suggestioni, colorato da inflessioni dialettali.

Grazie alla collaborazione in sede di sceneggiatura di Domenico Starnone e Carla Cavalluzzi, il regista mette al centro della narrazione Ernesto, cocciuto sognatore, che si nutre solo della sua irresistibile passione per la pittura e sogna di essere ricordato dai posteri, al pari di Rousseau il capostazione”

 

Ma Rubini non vuole “soltanto” raccontare un “pittore della domenica” ma (anche) affondare un colpo contro le piccolezze e le meschinità della vita di provincia, corrosa da invidia e gelosie. In luogo di un titolo che evoca angoscia e inquietudine, “l’uomo nero” (un affettuoso omaggio a Federico Fellini) che compare nel film, altri non è che un macchinista dal cuore tenero che, dal treno in corsa, lancia le caramelle a dei bambini di un orfanatrofio.

Non mancano le velenose frecciate a quella critica, carica di pregiudizi, che snobba sogni ed aspirazioni di artisti che non appartengono alle loro vaporose e vuote lobby di potere.

Al fianco di un Rubini in stato di grazia, un ironico Scamarcio e un sorprendente Guido Giaquinto, all’esordio. Golino, grazie ad un lavoro di sapiente sottrazione, dà vita al delicato personaggio di Franca.

Recensione pubblicata sulla Rivista Segno Cinema – N 161 – Gennaio- Febbraio 2010

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