Missisippi masala di Mira Nair – India 1991. Durata 118’.

23 Gennaio 2020 | Di Ignazio Senatore
Missisippi masala di Mira Nair – India 1991. Durata 118’.
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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All’avvento del dittatore Amin, l’indiano Jay (Roshan Seth), la moglie Kinnu e la figlioletta Mina sono costretti a lasciare in fretta Kampala e volano nel Missisippi. Passano gli anni; Kinnu e la figlia Mina (Sarita Choudhury) si inseriscono perfettamente nel tessuto sociale mentre Jay, che non ha mai abbandonato l’idea di ritornare in patria, deluso ed amareggiato, vive solo per la speranza che vada in porto la causa intentata al governo ugandese per riacquistare i beni che gli erano stati indebitamente confiscati. Mina s’innamora di Demetrius (Denzel Washington), un nero che ha messo su un’impresa di pulizia di moquette e che fornisce le sue prestazione nei vari motel dove lavorano Jay ed i suoi familiari. I due giovani amanti sono scoperti; Kinnu grida allo scandalo ed accusa la figlia di aver coperto di vergogna la sua famiglia, Jay si oppone anche lui strenuamente alla loro relazione e, con il sostegno della comunità indiana, fa si che l’attività lavorativa di Demetrius si riduca al lumicino. Demetrius prova invano a contattare Mina ed a convincere Jay della serietà delle proprie intenzioni ma colleziona solo aspri rifiuti e cocenti umiliazioni. L’ istanza di Jay, intentata contro il governo ugandese è accettata; lui vuole ritornare a vivere a Kampala ma Kinnu non ha intenzione di seguirlo e Mina, coglie l’occasione per fuggire via con Demetrius.  Incapace di mettere radici in America, Jay, vola da solo a Kampala e ritrovata, finalmente, la propria serenità, abbandona l’idea di fare causa al governo ugandese, ritorna in America dalla moglie e sposa una frase che Kinnu gli aveva dedicato:“La patria di un uomo è dove resta il suo cuore”. 

Mira Nair racconta senza grandi impeti, palpiti e clamori la love- story tra Demetrius e Mina (come recita il titolo) una “mix masala, un miscuglio di spezie piccanti” .La regista non affonda nel dramma e nel melò, evita languori e baci appassionati e compone un film abbastanza piatto che ruota intorno allo scottante tema della tolleranza fra le diverse etnie. Jay è descritto come un figura ambigua ed ambivalente che, nelle prime battute del film, veste i panni dell’alfiere della libertà e si batte per il riconoscimento dei propri diritti, ingiustamente calpestati dalla dittatura di Amin ma, successivamente, si oppone all’amore di Mina per un nero, affermando che la figlia deve legarsi a quelli della propria razza. Messi da parte la contrastata relazione tra i due giovani protagonisti e lo scottante tema dell’integrazione razziale, colpisce il travaglio interiore di Jay, un indiano esiliato negli States, convinto che la sua patria sia sempre stata l’Africa e che, prima di abbandonare Kampala, è raggelato da una frase del suo amico Okelo (Konga. Mbandu): “L’Uganda non è più la tua patria. L’Africa è degli africani neri”.

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