Piegata dal conflitto mondiale, il cinema italiano in quegli anni non vive certamente un momento di grande splendore ma, egualmente, continua a ritenere Napoli una cornice ideale per ambientare le sue storie. A dominare la scena di quegli anni sono, infatti, Totò, Eduardo e Peppino De Filippo, attori che, pur essendo comparsi in precedenza sul grande schermo, ottengono negli anni Quaranta la loro definitiva consacrazione. Totò aveva già debuttato al cinema in Fermo con le mani nel 37 ed in Animali pazzi nel 39’, ma il suo straordinario talento comico esplode a tutto tondo con San Giovanni decollato, pellicola diretta nel 1940 da Amleto Palermo. Il principe della risata consoliderà, poi, fama e successo nazionale, con altre pellicole, tra cui, il travolgente L’imperatore di Capri del ‘49. Anche Eduardo e Peppino De Filippo, avevano collezionato delle precedenti apparizioni sul grande schermo ma, a lanciarli definitivamente nel panorama nazionale, dopo la gustosa commedia A che servono questi quattrini?, per la regia di Esodo Pratelli, fu la trasposizione cinematografica di Non ti pago!, scritta dallo stesso Eduardo e diretta nel ’42 dal grande Carlo Ludovico Bragaglia. Eduardo e Peppino, affiancati dalla sorella Titina, si affermeranno successivamente con Non mi muovo!, tratto da ‘O quattro ‘e maggio, opera teatrale di Diego Petriccione, diretto nel ’43 da Giorgio Simonelli e nello stesso anno con Ti conosco mascherina!, per la regia dello stesso Eduardo, tratto da una farsa di Eduardo Scarpetta. Ma l’industria cinematografica in quegli anni ambientava a Napoli non solo divertenti commedie, ma anche pellicole dal taglio diverso. Non mancano, infatti, i film storici come Luisa Sanfelice di Leo Menardi ( 1942), ispirato al romanzo di Alessandro Dumas, che rievocava le gesta di una delle eroine della Repubblica Partenopea del 1799 ed I Mariti- Tempesta d’anime di Camillo Mastrocinque del 41 con Amedeo Nazzari. Tra i drammatici si segnalano Marechiaro di Giorgio Ferroni (‘49), La bocca sulla strada (‘41) e l’insolito Il folle di Marechiaro (’44) diretti entrambi da Roberto Roberti, papà di Sergio Leone. Tra i film più riusciti di quegli anni è Il cappello del prete, giallo diretto nel 44 da Ferdinando Maria Poggioli, tratto dal romanzo di Emilio de Marchi. La vicenda narra del barone di Santafusca che conduce la bella vita e non si cura affatto di badare alle proprie finanze. Ridotto sul lastrico, dopo aver venduto parte dei suoi averi, tenta di rubare in casa di un vecchio e ricco prete. Scoperto, è costretto ad ucciderlo ed a gettarlo in un pozzo. Il barone, corroso dai sensi di colpa, finirà, inevitabilmente, per precipitare poi nella follia. Non mancano i film dal taglio neorealistico come ‘O sole mio di Giacomo Gentilomo (1945) che ha come sfondo le Quattro giornate di Napoli, quelli drammatici-sentimentali come Il mulatto di Francesco De Robertis, Campane a martello di Luigi Zampa, Torna a Napule – Simme e Napule paisà di Domenico Gambino ed i musicali, entrambi girati nel 49: Addio, mia bella Napoli! di Mario Bonnard e Napoli, eterna canzone di Silvano Siano. Ma il 1949 è senz’alcun dubbio l’anno dell’esplosione sugli schermi italiani di Catene, interpretato da Amedeo Nazzari ed Yvonne Sanson e diretto da Raffaello Materazzo,. maestro indiscusso del melodramma italiano che, con Tormento (1950) ed I figli di nessuno (1951) commosse milioni di spettatori. Messi da parte il secondo episodio di Paisà, il capolavoro di Roberto Rossellini, a rimpolpare il filone dei film d’autore è Proibito rubare, pellicola sentimental-lacrimosa, venata da un pungente odore di sacrestia, diretta nel 48 da Luigi Comencini, che narra le vicende di Don Pietro, un prete che per strappare gli scugnizzi da un giro di malavitosi, fonda a Napoli la Città dei ragazzi. Per ironia della sorte i fondi che Don Pietro utilizza derivano dalla vendita di orologi rubati da Peppiniello, uno scugnizzo che fa di tutto per appoggiarlo nel suo encomiabile progetto.
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