Ninotchka di Ernst Lubitsch – USA – 1939 – Durata 111’ – B/N

23 Gennaio 2025 | Di Ignazio Senatore
Ninotchka di Ernst Lubitsch – USA – 1939 – Durata 111’ – B/N
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Dopo lo scoppio della Rivoluzione russa, Iranoff (Sig Rumann), Bulianoff (Felix Bressart) e Kopalski (Alexander Granach), tre funzionari del governo sovietico, sono inviati a Parigi per vendere i preziosi gioielli confiscati alla granduchessa Swana (Ina Claire), esule nella capitale francese.

La nobildonna incarica il conte Leon (Melvyn Douglas), suo amante, di impedire la vendita dei preziosi, così possa entrarne nuovamente in possesso.

Astutamente, Leon avvicina i tre funzionari, fa gustare loro i piaceri della vita parigina e li convince a trattare. Il governo russo decide allora di inviare nella capitale francese l’integerrima e incorruttibile Nina Ivanova Yakusciova, detta Ninotchka (Greta Garbo).

Come prevedibile, il fascino della città e la corte serrata del conte rischiano di minare le incrollabili certezze della funzionaria bolscevica. Swana, inoltre, non si dà per vinta; fa rubare i gioielli custoditi nella stanza d’albergo dove soggiorna Ninotchka e la ricatta…

Irresistibile commedia romantica, sceneggiata da Charles Brackett, Walter Reisch e Billy Wilder, tratta dall’omonimo romanzo di Melchior Lenygel. Il film, costellato di battute sarcastiche e pungenti, ebbe un successo planetario, anche per il lancio (“la Garbo ride”), che sottolineava come la diva svedese, abbandonati i panni dell’eroina tragica, fosse impegnata nel suo primo ruolo brillante.

La vicenda, diretta con eleganza dal grande regista tedesco, ruota sul contrasto tra il lusso e lo spreco del mondo aristocratico, (proteso a nutrire il benessere individuale), e quello austero e essenziale stalinista, (orientato a garantire la prosperità collettiva).

Lubitsch (Scrivi fermo posta, Vogliamo vivere! Il cielo può attendere…), intelligentemente, punta tutto sulla graduale e inarrestabile “conversione” di Ninotchka da rigido funzionario stalinista a donna che, nel corso del film, gusta per la prima volta lo champagne e, sul finale, dopo aver invidiato gli abiti di lusso e le acconciature eccentriche e eleganti delle parigine, acquista un delizioso cappello alla moda.

Nel corso della vicenda, Lubitsch mostra come Ninotchka sia divisa dall’amore per il conte e il dovere nei confronti del partito; dal fascino per l’eleganza dell’aristocrazia e dall’impegno verso il proletariato; dalla leggerezza della vita mondana e la durezza della lotta di classe.

Lubitsch inoltre, lascia che la trasformazione della protagonista non sia solo esteriore e Ninotchka, nel corso della vicenda, infatti, abbandona quel linguaggio rigido, freddo e militaresco e si scioglie, fino a concedersi una risata liberatoria.

Ma, forse, a ben guardare, più che alle riletture sociologiche o a un pamphlet contro la lotta di classe, il regista berlinese vuole fondamentalmente far riflettere sulle debolezze umane e sulle volubilità e fragilità degli individui, sia che appartengono al gentil sesso che a quello maschile.

L’happy end è un po’ stiracchiato, ma non pregiudica la fruizione del film che, nonostante le sottili critiche al regime stalinista, mostra per la prima volta in una produzione americana, dei comunisti dai risvolti umani, sensibili e perfino simpatici.

Pessimo il doppiaggio italiano della Garbo che in questo film, oltre a mostrare di essere un’attrice straordinariamente duttile e versatile, è a dir poco incantevole.

Quattro nomination agli Oscar: film, sceneggiatura, soggetto e migliore attrice (Greta Garbo).

Remake in chiave musicale con La bella di Mosca (1957) con Fred Astaire e Cyd Charisse. Curiosità: il film sbarcò in Italia solo nel 1946 alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

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