Paradise now di Hany Abu-Assad – Palestina – 2005

21 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore

Khaled (Ali Suleiman) e Said (Kais Nashef), amici sin da quando erano bambini, sono scelti per compiere un attentato kamikaze a Tel Aviv, organizzato per vendicare l’assassino di uno dei capi della resistenza palestinese. Consapevoli che la vita non ha riservato loro nessun posto d’onore, rinunciano all’affetto dei propri cari e vanno incontro al martirio. Dopo aver registrato, arma in pugno, un video dove spiegano le ragioni del loro gesto, si radano, pregano, mangiano, si purificano e sono accompagnati in un luogo al confine della striscia di Gaza. Seppur l’attentato sia stato preparato nei minimi particolari, qualcosa non va per il verso giusto; Khaled si mette in salvo ma di Said si perdono le tracce e c’è chi teme, che essendo, figlio di un collaborazionista ucciso dagli stessi palestinesi, possa essere un traditore. Khaled si mette sulle tracce di Said e, con il cuore in mano, gli chiede di non diventare un altro martire della resistenza. Anche la bella e dolce Suha (Lubnza Azabal), di cui Sadi è segretamente innamorato, prova a convincerlo che, di fronte alla schiacciante potenza militare di Israele, non solo non serve sacrificare altre vite umane ma che un ennesimo attentato fornirà agli ebrei l’ennesimo alibi per continuare a massacrare i palestinesi ed a imporre loro condizioni sempre più violente ed umilianti. Ma la bomba che Said porta addosso non può essere disinnescata e non c’è molto tempo per decidere…

Film ambientato a Nablus, cittadina della striscia di Gaza, finalmente schierato dalla parte dei palestinesi, che si snoda, fino alla fine, come un fibrillante thriller. Senza scadere nel melodramma, il regista impagina un film commovente ed appassionante che fotografa, con duro realismo, il doloroso dramma dei due protagonisti, condannati a trascinare le loro esistenze senza un lavoro, né un futuro e ad aggirarsi tra le macerie delle case distrutte dai bombardamenti degli israeliani. Il film lacera ancor più le carni perché, sin dalle prime inquadrature, appare evidente che Said e Khaled non sono dei terroristi sanguinari o dei feroci assassini ma delle creature pulsanti che, in  nome della giustizia e della libertà, sono spinti a scegliere la morte piuttosto che la schiavitù e la sottomissione. Golden Globe 2006 come Miglior Film Straniero. Candidato all’Oscar come miglior Film Straniero. Premio AGICOA Blue Ange, Premio Amnesty International e dei lettori del Berliner Morgenpost al 56 Festival di Berlino 2005.

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