Piano… piano, dolce Carlotta (Hush… ìhush, sweet Charlotte) di Robert Aldrich – USA – 1965 – Durata 133’ – V.M 14

3 Ottobre 2020 | Di Ignazio Senatore
Piano… piano, dolce Carlotta (Hush… ìhush, sweet Charlotte) di Robert Aldrich – USA – 1965 – Durata 133’ – V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Sam Hollis (Victor Buono), dispotico e tirannico, è un uomo che ha fondato un impero dal nulla e che non ha occhi che per la figlia Charlotte. Lei è innamorata di John Mayhew (Bruce Dern) un uomo sposato, con il quale  ha deciso di partire dopo un festoso ricevimento che il padre ha organizzato. Ma il vecchio patriarca scopre la tresca ed obbliga John a mandare a mandare a monte ogni progetto. Durante la festa John prova a spiegare a Carlotta i motivi del suo improvviso dietrofront ma, un attimo dopo è brutalmente decapitato a colpi di accetta. Carlotta ha il vestito insanguinato ed è accusata del delitto ma, nel corso del processo, è scagionata per mancanza di prove. Da quel giorno, accudita dalla fida cameriera Velma (Agnes Moorehead) si rintana in casa senza vedere più anima viva e con la mente sempre più in disordine, si convince che John sia vivo e s’aggiri in quella casa.

Passano gli anni, bisogna costruire una strada e la sua villa deve essere demolita; Charlotte (Bette Davis) si oppone e vi si barrica dentro e lo sceriffo le comunica che ha dieci giorni di tempo per sgomberare. Ma Charlotte non ha perso tutte le speranze anche perché sta aspettando l’arrivo di sua cugina Miriam (Olivia de Havilland) e del dottor Drew Bayliss (Joseph Cotten), certa che i due sistemeranno ogni cosa. Miriam e Drew

sono amanti e stanno tramando alle sue spalle per farla impazzire ed impossessarsi dei suoi beni. In un finale mozzafiato Charolotte, dopo aver  scoperto l’amara verità, li uccide.

Film cupo e disperato, innaffiato con un bianco e nero da favola. Sin dalle prime inquadrature Aldrich riesce ad immergere il film in un’atmosfera dolente e malsana. Grazie al suo pregevole tocco, il regista ci mostra  gli incubi e le allucinazioni della protagonista e ci regala i suoi sguardi perduti nel vuoto. Aldrich mischia bene le carte e le teste mozzate, le mani mutilate ed i vestiti strappati che compaiono ogni tanto sulla scena sembrano il frutto della malsana fantasia di Charlotte ma, nelle battute finali, si scopre che facevano parte della macabra messinscena che i diabolici amanti avevano allestito per farla impazzire. Per tutto il film il regista lascia credere allo spettatore che la povera Charlotte sia la responsabile del crimine; sul finale svela che Gemma, la moglie di John, aveva ucciso il marito e che, Miriam, avendo scoperto la verità, l’aveva ricattata in tutti quegli anni. Dopo aver ucciso Drew e Miriam, Charlotte, elegante e compita, abbandona la propria abitazione, contornata da una folla di fotografi e di curiosi. Tra questi una donna si rivolge ad una amica ed indicando Charlotte, dirà: “Curioso, certe volte si comportano come fossero normali.” Golden Globe a Agnes Moorehead come migliore attrice non protagonista. Quattro nomination agli Oscar, una delle quali per la fotografia di Joe Biroc.

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