Prefazione di Ignazio Senatore al volume: “Da Chaplin a Loach” di Roberto Lasagna – Mimesis Edizioni — 2019

9 Febbraio 2019 | Di Ignazio Senatore
Prefazione di Ignazio Senatore al volume: “Da Chaplin a Loach” di Roberto Lasagna – Mimesis Edizioni — 2019
Contributi di Ignazio Senatore su saggi di cinema di altri autori
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Ho sempre provato sempre grande simpatia per Paul Lafargue, (noto ai più per aver sposato la figlia di Karl Marx), che nel suo “Elogio alla pigrizia”(1883), proditoriamente, affermava: “Gli operai, cadendo nelle trappole della borghesia trionfante, sono scesi addirittura al punto di proclamare come un principio rivoluzionario, il “diritto al lavoro “ e spingendo la propria incoscienza fino a reclamarlo  con “le armi in pugno.“ Invece che il “diritto al lavoro” occorrerebbe proclamare il “diritto alla pigrizia”.

Sappiamo tutti, (ahinoi) che il suo appello è stato inascoltato e che le masse, pur di garantirsi un lavoro, hanno lottato, scioperato, fatto barricate ect…

Lasagna in questo suo dettagliato e documentatissimo saggio, parte dal taylorismo e dal fordismo per illustrare al lettore la genesi del lavoro organizzato secondo metodi scientifici e razionali. Proseguendo la sua analisi psico – sociologica sul mondo del lavoro, cita sociologi, economisti, esperti del lavoro e delle risorse umane e, non tradendo la sua vasta conoscenza cinematografica, analizza i film più significativi sul tema, prodotti dalle cinematografie internazionali.

Intelligentemente, l’Autore fa una scelta di campo ed essendo vastissima la filmografia sull’argomento, sceglie quelli che hanno saputo meglio fotografare un’epoca e raccontato i rapporti tra l’uomo e la catena di montaggio, il padrone e l’operaio, il lavoratore e il sindacato, lo stress e la sicurezza sul lavoro.

L’Autore non poteva non aprire le danze con La febbre dell’oro e Tempi moderni di Charlie Chaplin, citare, tra gli altri, Furore di John Huston e Cristo fra i muratori di Edward Dmytryk e, proseguire la sua accurata analisi con Norma Rae di Martin Ritt, Kramer contro Kramer di Robert Benton, fino a Riff-Raff e Paul, Mick e gli altri di Ken Loach, The Full Monty di Peter Cattaneo e Grazie, signora Thatcher di Mark Herman.

Numerosi i film italici citati;  La classe operaia va in Paradiso di Petri, La bella vita, Tutta la vita davanti e Il capitale umano di Virzì, Il ferroviere di Germi, I compagni di Monicelli e il doc La fabbrica dei tedeschi di Mimmo Calopresti.

Ma Lasagna, attento anche ai recenti cambiamenti del mondo del lavoro, non poteva tralasciare due film cardini; Mi piace lavorare Mobbing di Francesca Comencini, sull’insidioso e sotterraneo problema del mobbing e soprattutto A tempo pieno di Laurent Cantet, film sul dramma di chi, raggiunta la mezza età, è licenziato e non ha il coraggio di comunicarlo in famiglia.

In un passaggio centrale del film solo e senza amici, ricordo infatti che Vincent, il protagonista, confida ad un amico il proprio malessere interiore: “Sei solo nella tua macchina, fumi una sigaretta, senti la musica e non pensi a niente. Potrei starci delle ore. In realtà credo l’unica cosa  che mi piacesse del mio lavoro erano i viaggi ma questo ha finito col giocarmi brutti scherzi e dalla mia macchina era sempre più difficile scendereA volte facevo duecento chilometri per andare ad un appuntamento e quando dovevo uscire dall’autostrada, all’ultimo momento, senza rifletterci, tiravo dritto. E’ chiaro che tutto ciò ha finito per infastidire il mio capo, anche se in realtà, a poco a poco, ero io ad allontanarmi dall’azienda. Si capiva che non c’entravo più niente in quel posto e nessuno mi ha trattenuto e quando ho deciso di andarmene mi hanno aperto la porta. “.

Lasagna diserta volontariamente di commentare i film da un punto di vista stilistico, non accenna alla capacità o meno degli attori o delle attrici di calarsi panni dei protagonisti, né si sbilancia sul valore della fotografia, del montaggio  e/o della colonna sonora dei film citati.

Anche questa scelta “obbligata” è frutto di un preciso disegni dell’Autore; quella di non distogliere il lettore dal mostrare come, attraverso il cinema, siano mutati nel tempo gli scenari psicologici del lavoro. Come chiudere queste mie riflessioni sull’appassionato volume dell’Autore. se non con un’ultima citazione da Volevo solo dormirle addosso di Eugenio Cappuccio, film  che mette in campo uno dei tanti “tagliatori di teste” comparsi sempre più frequentemente sullo schermo negli ultimi anni?

 “Ci sono due fasi; preparazione e colloquio. Nella prima fase devi annusare l’aria vai nell’archivio del personale e studi le schede. Devi andare dal capo del condannato. Soli il capo del condannato ti dice se è ricco di famiglia, se è nella merda ed ha bisogno dio soldi, se è uno che si caga sotto oppure ha le balle. Solo il capo del condannato ti apre la porta della sua anima. E se apri quella porta fai risultato e lo inculi. La seconda fase è quella superpsichica; i colloqui con i condannati. Prima parte gli dici con le buone “fuori di ball”, poi lo ascolti mentre ti sta a raccontare la sua vita da sfigato…Portati dei kleenex perché qualcuno piange ed in quel momento non deve lasciare la tua stanza. Seconda parte; lasci passare una settimana e poi gli fai la tua offerta ma subito al muro perché se iniziano a pensarci, poi ti sbancano. Ai vecchi non dare un cazzo,  a quelli  a cui mancano uno o due dalla pensione il meno possibile, ai giovani li fai salire sul pullman e li butti giù da un burrone. Svegliati, fuori non c’è mercato, non si molla un’azienda così e dove lo trovi oggi un altro lavoro. Ci sono altri tipi d’azienda che segano con due lire: Tipo A: Non accetti? Ti mettono in mobilità, e non siamo noi. Tipo B: Rifiuti le due lire? Non c’è problema…Scrivania nel sottoscala, segretaria che quando passi ti sputano, nessuno ti caga, incarichi di lavoro assurdi e tutti ti evitano. Dopo una settimana così, sei bollito ed accetti le due lira, cantando. Si, ma qui da noi non è così. People First, la gente prima di tutto. Noi rispettiamo le persone.”

Dimenticavo: il titolo è una citazione, tratta da Joseph Conrad, tratta dall’autobiografia di Dino Risi.

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