Prefazione di Ignazio Senatore al volume “Passione amorosa – Amore reale e amore virtuale” di Alfredo Grado – Graus Editore- 2010

1 Marzo 2010 | Di Ignazio Senatore
Prefazione di Ignazio Senatore al volume “Passione amorosa – Amore reale e amore virtuale” di Alfredo Grado – Graus Editore- 2010
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(…) Come psichiatra n on posso che non essere interessato a tutto ciò che riguarda l’uomo nella sua interezza e non posso esimermi dall’approfondire quei fenomeni sociali e di costume che influenzano e modificano in qualche modo le relazioni umane. Ho divorato d’un fiato il libro di Alfredo Grado e mi sono lasciato immediatamente trasportare dalle fascinazioni proposte che spaziavano dalla mitologia greca alla leggenda di Abelardo e Eloisa, dai riferimenti a I dolori del giovane Werther, alle implicazioni biologiche e neuro-endocrinologiche dell’amore, ai contributi offerti dal pensiero filosofico a quelli dell’universo psicoanalitico. Nell’oggettivare una materia che facilmente avrebbe potuto infiammare e diventare incandescente l’Autore con acume e sensibilità. La raffredda e, dopo aver evitato di scivolare nell’ovvio, disertati i commenti liquorosi, cari al “bacio Perugina pensiero”, ci regala un saggio colto ed equilibrato che colma un vuoto su un fenomeno di costume fino a oggi poco studiato e che coinvolge milioni di persone al mondo. Data la mia insana per il cinema non potevano non colpirmi le sue dotte citazioni cinefili che mi hanno permesso di disseppellire dagli scaffali della mia memoria ricordi legati a un film che ruota proprio intorno al tema analizzato nel volume.

In C’è post@per te, sdolcinata commedia americana, diretta nel 1998 da Nora Ephron, remake del delizioso Scrivimi fermo posta di Ernst Lubitsch (1940) con Margareth Sullivan e James Stewart, sind alla prime scena compare Kathleen (Meg Ryan), la protagonista della vicenda che, felice e trepidante, attende che Frank, il suo fidanzato, esca di casa per accendere il computer e chattare con “NY152”, uno sconosciuto a cui scrive: “Caro amico, mi piace cominciare i miei messaggi a te come se fossimo già in piena conversazione, faccio finta che siamo vecchissimi, carissimi amici, cioè l’opposto di quelli che siamo; due che non si conoscono per nome e si sono incontrati in una chat-room sostenendo ambedue di non esserci mai entrati prima. Che cosa dirà oggi New York 152 mi domando? Accendo il mio computer, aspetto con impazienza che si colleghi, vado online e trattengo il respiro finché non sento quelle paroline magiche: “C’è posta per te”. Non sento niente, non un suono per le strade di New York, tranne il battito del mio cuore. Ho posta da te.” Radiosa e solare, Kathleen si dirige subito dopo al negozio di libri per bambini di sua proprietà e l’amica, avendo intuito che spruzza felicità da tutti i pori, prova, invano, a stuzzicarla. Lei si schernisce e, con un tono scanzonato e civettuolo, le risponde: “E’ tradimento se si hanno dei rapporti con qualcuno, via e-mail?. Ci mandiamo e-mail, non è niente. In realtà sto pensando di smettere perché la cosa è diventata, direi confusa. In fondo non è niente. Non parliamo di niente di personale per cui non so come si chiama o che cosa fa o dove abita esattamente perciò sarebbe facilissimo per me smettere di vederlo perché non lo vedo.”  Per salvaguardare la loro privacy Katheen e “NY152” continuano a chattare, rispettando la regola di rimanere nell’anonimato e di  non raccontarsi il più piccolo particolare che possa farli identificare. Il tono delle loro conversazioni rimane nel vago ma i due si legano sempre più e (…) come prevedibile i due protagonisti si incontrano nella vita reale, ignorando che l’altro sia la persona con la quale chatta ogni giorno e, prima dello scontato happy end, Kathleen scoprirà che il suo amato “NY152” non è altro che Joe Fox (Tom Hanks) lo speculatore senza scrupoli che ha aperto un megastore di libri a basso prezzo, a due passi dal suo negozietto che l’ha costretta a chiudere in fretta bottega. Fedele al registro della commedia leggera e spensierata, la regista ci mostra la netta la contrapposizione tra le parole zuccherose e caramellose che Kathleen e Joe si scambiano nel mondo fittizio della Rete e le frecciate corrosive e taglienti che si lanciano nel mondo reale. Ephron non vuole sovvertire le regole del genere e, per non appesantire la narrazione, sorvola sui risvolti emotivi e sui contraccolpi che avrebbero dovuto mandare in crisi le tenera e disarmante Kathleen alla scoperta della vera identità di“NY152”.

Nel suo rapido excursus sulle pellicola che hanno sfiorato il tema delle chat, Grado, dopo aver citato il nostrano Viol@ di Donatella Majorca (1998) fa riferimento alla grottesca e surreale pellicola indipendente Me and you everywhere, diretta nel 2005, in perfetto stile Sundance, da Miranda July, nella quale compaiono i due figli dello stralunato e scoppiato Richard che, dopo essere stati abbandonati dalla madre, trascorrono le giornate da soli e, per ammazzare il tempo, di tanto in tanto, chattano in Rete. Il più grande dei due, dopo essersi connesso e aver digitato una domanda alla fantomatica amica in Rete, si rivolge al fratellino e, con fare sicuro, gli dice: “Gli ho chiesto come ha il seno. Tanto vedrai che è un uomo, perché tutto inventano qualunque cosa nelle chat. Vedrai che p un uomo che fa finta di essere una donna. Immaginati un ciccione con il pisello piccolo.” I due fratelli non impiegheranno molto a comprendere che la persona con la quale stanno chattando è un pervertito coprofilico che si eccita pensando al sedere e agli escrementi. Queste sequenze del film di Miranda Jult illuminano perfettamente il punto  nodale dell’intero saggio di Alfredo Grado: il rischi legato al “fake”, all’inganno di chi chatta.

Dopo aver citato i saggi di Stone, Turkle, Suler, Wallace, l’Autore fa giustamente riferimento al “falso sé”, termine coniato dallo psicoanalista britannico Donald Winnicot per definire quelle quote de sé “inautentico” che un soggetto può mettere in campo quando chattando, entra in relazione con l’altro.

Si potrebbe obiettargli che Freud, in tutti gli scritti nei quali ha affrontato il tema dell’amore (Tre saggi sulla teoria sessuale, Su un tipo particolare di scelta oggettuale dell’uomo a Il motivo della scelta dei due scrigni a Pulsioni e loro destini) ha sottolineato che l’amore è visionario e che trovare un oggetto d’amore significa ritrovarlo e inventarlo.” (…)

Il Padre della psicoanalisi, inoltre, nel suo “Contributo sulla psicologia della vita amorosa” (1910-1918), con ironia, annotava:

“Abbiamo finora lasciato ai poeti il compito di descriverci le “condizioni amorose”, secondo le quali gli uomini attuano la loro scelta oggettuale e il modo con cui essi coinciliano le loro esigenze della loro immaginazione con la realtà.”

Se analizziamo le formulazioni di Freud dobbiamo ammettere che l’innamoramento è pur sempre una trasfigurazione dell’oggetto amato, è un processo che mira a legarsi a un’immagine riflessa che non assume (quasi mai) le caratteristiche reali. In inglese l’espressione che descrive l’innamoramento (falling in love), che vuol dire letteralmente “cadere nell’amore”, non rimanda, infatti, più propriamente al “cadere al di fuori del Sé” dell’innamorato?

Cosa amiamo in definitiva dell’Altro? L’oggetto reale, la nostra rappresentazione mentale dell’oggetto amato, l’estensione narcisistica del nostro Sé? Freud, a riguardo, tagliava corto e sgomberando il campo da altre supposizioni, affermava che: “Alla base di ognuno c’è l’inconscio desiderio per un oggetto perduto che altri non è che la madre.”

Saggiamente Grado non sposa aprioristicamente nessuna tesi sull’argomento, non emette sentenze e. dopo aver proposto diverse interpretazioni e riletture del fenomeno del “fake”, sottolinea l’importanza della fantasia all’interno dell’innamoramento. Dopo aver messo in guardia il lettore dai rischi legati all’Internet Addiction Disorder e fornita una documentata disamina sulla legislazione attuale in merito al danno esistenziale da cyberstalking, Grado chiude il suo saggio con una ricca ed esaustiva bibliografia. Un volume prezioso, scritto senza enfasi e leziosità, che rispetta le scelte dell’Autore già emerse nei suoi precedenti volumi; metter in moto l’immaginario del lettore e spingerlo a interrogarsi sulle zone d’ombre che dei temi così complessi e sconosciuti ancora rimandano.

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