Prima ti sposo, poi ti rovino (Intolerable cruelty) di Joel Coen – USA – 2003 – Durata 100’

27 Febbraio 2020 | Di Ignazio Senatore
Prima ti sposo, poi ti rovino (Intolerable cruelty) di Joel Coen – USA – 2003 – Durata 100’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Miles Massey (George Clooney) deve la sua fama di miglior avvocato divorzista di Beverly Hills all’ideazione di un blindato ed inattaccabile “accordo prematrimoniale” che permette al coniuge più ricco, in caso di separazione, di mantenere intatto il proprio patrimonio. Massey si scontra tribunale con la bella e sensuale Marylin Rexroth (Catherine Zeta-Jones), un’astuta mangiatrice d’uomini che, dopo aver colto Rex (Edward Herrman) il focoso marito in flagrante adulterio, punta ad impossessarsi di tutti i suoi beni. Miles riuscirà a smascherarla ma successivamente cadrà nella trappola tesa dalla cinica e calcolatrice seduttrice. Dopo averla sposata resta senza il becco di un quattrino ma, dopo una serie di colpi di scena, il classico lieto fine chiuderà la vicenda.

Il divorzio tra i coniugi è uno dei temi frequentemente saccheggiati dal cinema e riletto, generalmente, all’interno di una cornice cupa, drammatica e senza speranza. I geniali fratelli Coen con questa gustosissima commedia non solo mettono alla berlina una delle ossessioni americane degli ultimi anni (i contratti prematrimoniali) ma ci riportano indietro a quelle magiche atmosfere care alle “screenball” e “sofisticated commedy” tipiche del cinema a stelle e a strisce degli Anni 30 e 40. La vicenda si snoda intorno ai due irresistibili protagonisti; da un lato la sensuale Marilyn, dipinta come la classica avventuriera fredda e calcolatrice e dall’altro Miles Massey, descritto come un “single” di successo che non ha rivali in campo professionale. Grazie ad un ritmo narrativo eccellente, ad una cascata di battute e a dei dialoghi scoppiettanti, il film scorre piacevolmente e sembra suggerirci che non c’è alcuna via di scampo per chi abdica all’emozioni ed agli affetti. Miles e Marilyn, infatti, pur possedendo una montagna di dollari, sono divorati dalla noia, sommersi dalla solitudine ed attanagliati da un’insostenibile sensazione di vuoto. In un’amara confessione ad un collega Miles confessa: “Mi annoio. Ho due macchine nuove, ho demolito casa due volte, pago uno per lucidarmi il jet…Raggiungi un punto dove hai raggiunto il tuo scopo e sei insoddisfatto.”  Più che una graffiante commedia sulle insidie del divorzio, sul cinismo e sul disincanto imperante dei giorni nostri, il film vuole essere una caustica critica a chi crede che l’istituto del matrimonio sia una transazione economica e commerciale più che un incontro tra due anime e due cuori. Ma forse la vera forza della pellicola risiede nella straordinaria capacità degli sceneggiatori di mostrare i frenetici giochi relazionali che scattano tra. i due contendenti. Miles e Marylin, infatti, invece di dare ascolto alle loro sopite passioni amorose, danno vita ad una feroce escalation simmetrica che si traduce in un continuo stuzzicarsi, sfidarsi e rintuzzarsi. Successivamente, dopo aver compreso che per raggiungere i loro scopi è preferibile adeguarsi in maniera complementare ai bisogni ed ai desideri dell’altro, mutano atteggiamento e fingono di mostrarsi comprensivi, sottomessi, docili e disponibili nei confronti dell’altro. Ed è proprio in questa loro luciferina capacità di mutare improvvisamente registro emotivo, di oscillare continuamente dai panni del lupo in quelli di agnello, la vera chiave del successo del film. Da segnalare le piccole apparizioni di Geoffrey Rush nei panni di un marito tradito che viene spennato da Massey e di Bill Bob Thornton in quelli di un ricco texano circuito dall’irresistibile Marylin.

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