Incubi, caverne poco illuminate dalle quali emergono creature mostruose con la pancia squartata, il fantasma del padre che compare più volte nel corso della narrazione, dei chirurghi impegnati in un tavolo operatorio. C’è tutto questo (ed altro) nel film di Abel Ferrara, carico di sequenza sospese tra l’onirico e l’allucinatorio, in contrasto la bellezza del paesaggio siberiano innevato, ricco di alberi e carico di una luce accecante. Protagonista è Clint (Willem Dafoe), un uomo che è ritirato lontano dai clamori del mondo e gestisce una baracca isolata tra i ghiacci, una specie di bar con tanto di slot machine, dove rifocilla con rhum e caffè caldo i rari avventori. Di tanto in tanto, con la slitta e i suoi cani, si mette in viaggio e raggiunge dei luoghi reali o immaginari, che lo portano poi fino in un deserto. Un film dalla struttura narrativa disconessa, immersa tra sogni/incubi e realtà, che, nel complesso, non intriga, né affascina ed appare uno sterile esercizio di stile. Nel cast Anna, figlia del regista e Cristina Chiriac, la moglie.
Recensione pubblicata su Segnocinema N. 231 – settembre- ottobre 2021
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