Insieme al chitarrista Steve Jones (Tony London) ed al batterista Paul Cook (Perry Benson) Sid Vicious (Gary Oldman), uno scapestrato bassista e Johnny Rotten (Andrew Schofield) un esuberante cantante fondano i Sex Pistols, una delle band punk più acclamate tra quelle che si esibiscono nei locali underground londinesi. Sid incontra Nancy Spungen (Chloe Webb) una tossicodipendente americana e fa coppia fissa con lei. Partito controvoglia per una tournée in America, Sid, anarchico e ribelle, si presenta sul palco perennemente ubriaco, dimentica le parole delle canzoni e finisce per litigare con Johnny che, stufo del suo atteggiamento poco professionale, abbandona il gruppo. Sid raggiunge Nancy a Parigi ma, schiavo dell’alcol e della droga, torna in America dove prova a risalire la china, esibendosi in un paio di concerti come solista. Nancy è sempre più dipendente dalla droga ed una notte di ottobre del 1978 chiede a Sid di rispettare un patto che entrambi avevano stipulato un tempo per gioco; lui avrebbe dovuto ucciderla e si sarebbe poi dato la morte. Sconvolto ed allucinato, Sid prova, invano, a farle cambiare idea ma, incapace di arginare le sue richieste, l’accoltella. Finito in carcere e rilasciato qualche mese dopo su cauzione, Sid muore d’overdose di eroina, nel febbraio 1979, a soli ventuno anni, qualche giorno dopo la scarcerazione.
Cox confeziona un biopic né romantico, né edulcorato su uno dei miti della musica punk degli Anni Settanta e, dopo aver mostrato il cadavere di Nancy, con un flashback ci riporta indietro alle schioppettanti esibizioni della band ed al primo incontro tra Sid e Nancy. Sin dalle prime battute s’intuisce che Sid è un ragazzo eccentrico e bizzarro e completamente sbronzo, va a casa di un’amica disegna con lo spray una gigantesca X su uno specchio e poi imbatta la parete con una frase scritta a caratteri cubitali. Il film non ha delle battute di arresto, è girato con ritmo veloce e sincopato e, ben presto appare chiaro che l’ingresso in scena di Nancy sconvolgerà ancor più la vita sregolata di Sid. Johnny prova a stare vicino al suo amico ma Nancy, isterica, viziata e capricciosa, litiga con tutti e finisce per trascinare con sé Sid nella sua scelta autodistruttiva. Il regista non regala ai due protagonisti nessun ripiegamento interno, glissa completamente sulle loro famiglie d’origini e lascia chiaramente intendere che in quegli anni per i giovani adolescenti londinesi era la norma fare largo uso di sostanze e bere birra e whisky a gogò. A differenza delle altre pellicole che mostrano degli adolescenti con comportamenti tossicomanici, Cox mostra un protagonista che non s’aggira per i bassifondi della città, non si prostituisce per procurarsi la droga ma, grazie ai proventi di dischi e tournée si da alla pazza gioia e saltella da un albergo di lusso all’altro. Stilisticamente il regista sceglie di non mostrarci i classici buchi in primo piano ed il solito drogato in crisi d’astinenza ma una banda di scoppiati che provano i pezzi musicali sempre strafatti, e che bruciano al loro vita iniettandosi in vena qualsiasi sostanza. Il film è un tripudio di alcol che scorre a fiumi e di sostanze che i protagonisti assumono ad ogni occasione. Sul finale, in una scena simbolo la stanza d’albergo dove Sid e Nancy alloggiano sta andando a fuoco ed i due, imbottiti di droga, senza reagire, rimangono immobili a letto, con lo sguardo perso nel vuoto. Cox non da grande spazio alle esibizioni in pubblico della band ma regala una colonna sonora da sballo; grande cinema con il sogno/incubo di Sid che canta My way di Paul Anka e Claude Francois.
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