Carly Norris (Sharon Stone), giovane e sensuale editor di successo, dopo il fallimento matrimoniale, sceglie di trasferirsi a Manhattan. Ben presto scopre che Naomi, una ragazza che viveva prima di lei nel suo stesso appartamento, era morta precipitando nel vuoto in circostanze misteriose. Dopo aver resistito alla corte serrata di Jack Landsford (Tom Berenger), scrittore di best-seller di successo, Carly incontra a una festa Zeke Hawkins (William Baldwin), un bel tenebroso che, al primo colpo, fa breccia nel suo cuore. Il palazzo intanto è funestato da due omicidi e cadono sotto i colpi del sanguinario assassino un arzillo professore universitario e, successivamente, un’avvenente signora. La classica caccia all’assassino chiude i giochi.
Il regista spera di far centro affidando a Sharon Stone il ruolo di protagonista e la sceneggiatura a Joe Eszterhas, autore dello script di Basic instinct. Lo scherzetto non funziona e non bastano qualche scena di nudo (patinato e castigato) e un paio di cadaveri per dare vita ad un film abbastanza convenzionale. Noyce fa il verso a La finestra sul cortile del grande Hitchcock e sostituisce il famoso cannocchiale usato da Jeff ad un sofisticato circuito video che il ricchissimo Zeke, proprietario di tutto l’immobile si è fatto costruire per poter spiare gli inquilini che occupano ogni appartamento. E quando Carly lo scopre, per giustificare il suo malsano vizio, con tono trionfante, le dirà: “Anche tu guardi con il cannocchiale, io ho solo una tecnologia migliore. E’ vita vera; è meglio di qualsiasi libro, di qualsiasi film. E’ una soap opera! E’ tragica, comica, triste, imprevedibile. Loro neppure lo sanno!“ Il regista non approfondisce le ragioni che spingono Zeke ad allestire questa orgia voyeuristica, né utilizza questo occhio indiscreto come pretesto per mostrarci le storie dei diversi inquilini. Le uniche vicenda che emergono, di sfuggita, sono quelle di un’adolescente, molestata dal papà e di un poveraccio che ha appena scoperto di avere un cancro. Il titolo del film è un chiaro riferimento al tipico palazzo lussuoso, stretto ed alto, caratteristico di Manhattan. Da un romanzo di Ira Levin.
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