Mario (Giovanni Esposito) proprietario di un piccolo negozietto è sposato con Rosaria (Cristina Liberati).
Con loro vivono Dino (Paolo Sassanelli) omosessuale dichiarato ed ospite fisso, a pranzo ed a cena Sabino (Manrico Gammarota) un disoccupato amico di Mario ed amante segreto di Rosaria.
Mario è un soggetto ipocondriaco e, quando scopre che Rosaria è sieropositiva, va in tilt e comincia ad arrovellarsi su chi l’abbia potuto contagiare. Inizialmente i sospetti ricadono su Dino, poi su Sabino ed infine sulla stessa Rosaria.
Ma l’untore è proprio Mario, colpevole di una notte di follia in un locale equivoco un paio di anni prima a Parigi.
Alla notizia Rosario e Sabino si amano alla luce del sole e Mario è costretto ad accettare, passivamente, la loro relazione.
Ma i ricercatori hanno scoperto una nuova cura per l’AIDS e Mario, ringalluzzito, prova a recuperare il rapporto con la moglie. Respinto, finisce per diventare l‘amante di Dino.
L’idea del regista di ironizzare sul dramma dell’AIDS poteva essere buona ma è, irrimediabilmente, compromessa da un testo improponibile, da dialoghi sciatti e sconclusionati e da una prova attoriale decisamente insufficiente.
Il film è scadente, i passaggi narrativi poco oleati e la passività di Mario finisce solo per irritare.
La pellicola verrà ricordato dai cinefili solo per un cammeo di Aristide Massacesi, regista trash di culto, nel ruolo del proprietario di un bordello.
Nel cast Nino Frassica e Vladimir Luxuria. Tratto dalla commedia Ciò l’AIDS di Giusepe Pasculli.
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