Sweet Sixteen di Ken Loach – GB – 2002 – Durata 101’ –V.M 14

22 Febbraio 2021 | Di Ignazio Senatore
Sweet Sixteen di Ken Loach – GB –  2002 – Durata 101’ –V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Jean (Michelle Coulter) sta scontando un periodo di detenzione in carcere per aver coperto Stan (Gary McCormack) il suo amante spacciatore. Sua figlia diciassettenne Chantelle (Annamarie Fulton) è una ragazza-madre e vive in un bugigattolo con il piccolo Calum e suo fratello Liam (Martin Compston), quindicenne, che vive alla giornata compiendo dei piccoli furti spalleggiato dal suo inseparabile amico Pinbal (William Ruane). A Greenock, cittadina non lontana da Glasgow, non c’è lavoro e Liam sogna di andare vivere con la madre e la sorella in un prefabbricato in riva ad un lago. Tenace, sveglio e coraggioso, per raggranellare il denaro necessario, inizia a spacciare droga, ruba un bel carico di cocaina a Stan ed entra nelle grazie di un boss del quartiere che lo ripaga coprendolo di soldi. Liam compra il prefabbricato ma Pinball, si sente messo da parte e per dispetto glielo incendia. Ma Liam non demorde ed accecato dal sogno di comprare un appartamento dove riunire gli affetti familiari, con la copertura fittizia delle pizze da consegnare a domicilio, organizza una capillare rete di distribuzione della droga e mette da parte un bel po’ di soldini. E’ il giorno della scarcerazione di Jean e lui la conduce nella loro nuova e lussuosa abitazione nel centro della città. Ma Jean è uno spirito inquieto e, dopo aver festeggiato il ritorno a casa con i figli e con qualche amico, al mattino seguente ritorna a vivere a casa di Stan. Deluso e ferito nel proprio orgoglio, il giorno del suo sedicesimo compleanno, Liam lascia esplodere la propria distruttività, accoltellando Stan, il suo odiato ed acerrimo rivale.

Loach abbassa i toni del dramma e con il suo stile asciutto ed affilato ed i dialoghi sferzanti, mette in scena, con durezza e cinismo, la vicenda di un’adolescente che vive a Greenock, un anonimo sobborgo di Glasgow e sogna, invano, di avere una famiglia normale, una madre che le stia accanto ed una cuccia calda dove poter ripararsi. Più concreta di lui è la materna Chantelle che, disillusa dal gelido ed anaffettivo comportamento della madre prova, invano, a fargli aprire gli occhi: “Non ci voleva. Quante possibilità deve dare un figlio ad una madre? E’ andata via. E’ la stessa storia di sempre. Lasciala andare, ti farà impazzire, per amor di Dio. Non è che non le importa di te, non ne è capace. E’ un’irresponsabile, la sua vita è un bordello e vedrai che distruggerà anche la tua.” Loach, cantore degli emarginati e degli oppressi, lascia sottotraccia i conflitti edipici del testardo e volitivo protagonista che, come recita provocatoriamente il titolo del film, avrebbe diritto ad un’adolescenza spensierata e felice. Le figure adulte dalle quali dovrebbe ricevere guida, conforto e sostegno sono del tutto inaffidabili; la madre è una tossicodipendente, il nonno un incallito spacciatore e Stan un poco di buono che, nelle scene iniziali del film, gli chiede di fare da corriere e passare alla madre in carcere delle bustine di droga. Dopo aver esploso la propria rabbia contro Stan, nello struggente e melanconico finale, Liam, braccato dalla polizia, riceve per telefono dalla sorella gli auguri per il suo non più (dolce) sedicesimo compleanno, accompagnati da un laconico “Peccato”. Per il suo realismo la pellicola è stata vietata in Scozia ai minori di 18 anni. Premio per la sceneggiatura a Paul Laverty al Festival di Cannes (2002).

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