Teste rasate di Claudio Fragasso – Italia – 1992 – Durata 94’

8 Giugno 2020 | Di Ignazio Senatore
Teste rasate  di Claudio Fragasso – Italia – 1992 – Durata 94’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Il ventiduenne Marco (Gianmarco Tognazzi) vive con la madre Roberta (Franca Bettoja) e trascorre, svogliatamente, le giornate con gli amici fuori il bar di casa. Una mattina è in un pullman e Saverio (Giulio Base), un ragazzone soprannominato il Fuhrer, leader incontrastato di un gruppo di “teste rasate”, pesta a sangue uno zingaro che aveva molestato una ragazza. Colpito dalla sua determinazione, Marco inizia a gironzolare intorno al covo dove Saverio e gli altri naziskin si riuniscono per inneggiare alla purezza ed alla superiorità della razza bianca. Marco si rasa a zero, cela a tutti la storia che ha con Zaira (Fabienne Gueye) una giovane colf somala e, per dimostrare l’adesione alla fede dei naziskin, disegna con lo spray una scritta offensiva sulla saracinesca del negozio di Riccardo (Flavio Bucci) un orologiaio ebreo. Dopo un rito iniziatico, Marco è affiliato al gruppo e trascorre le giornate ad allenarsi con degli attrezzi per scolpire il proprio corpo e migliorare la propria forma fisica. Sempre più invasato scopre che i componenti del gruppo stanno raccogliendo dei soldi per i loro camerati neonazisti tedeschi; va allora a casa della dolce e sottomessa Zaire, la picchia e le ruba il denaro che lei ha accumulato negli anni. Nel corso della colluttazione è gravemente ferito ed, in fin di vita, si trascina fino al covo dei naziskin dove esala l’ultimo respiro.

Fragasso ambienta la pellicola in un quartiere della periferia di Roma e gioca tutto sulla figura di Marco, un ragazzo solo, sbandato e senza spina dorsale che aderisce in maniera mimetica al gruppo dei naziskin, nella speranza di prendere a prestito un’identità di cui è sprovvisto. Sin dalle prime battute Saverio intuisce la sua fragilità ed il suo insano bisogno di apparire, agli occhi degli altri, forte e saldo come una roccia e per legarlo a sé gli regala un volume di Evola e lo invita a seguirlo nelle scorribande per la città a caccia di extracomunitari. Petto in fuori e con una bandiera delle SS alle spalle, Saverio (interpretato dall’emergente regista Giulio Base) arringa gli altri naziskin che, al termine del suo farneticante discorso, plagiati ed invasati, scattano in piedi, con il braccio teso, urlando alcuni deliranti slogan nazisti. Il regista prova a giocare la carta dell’inquietudine e chiude il film con i naziskin che irrompono al funerale di Marco al grido “Onore al camerata Marco” ed un attimo dopo Saverio si guarda intorno e lancia un occhiata seduttivamente sinistra a due ragazzini. Musiche di Eugenio Bennato e Sergio Cammeriere.

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