Tracy (Evan Rachel Wood) è una tredicenne dolce, ingenua e carina. Nella sua stessa scuola c’è Evie Zamora (Nikki Reed), una ragazza disinibita e spregiudicata che si trucca, si veste alla moda e spopola tra i ragazzini. Tracy decide di emularla e, abbandonate bambole e treccine, cambia look e diviene l’amica del cuore di Evie. Le due ragazze legano talmente che Tracy convince la madre Melanie (Holy Hunter) ad accogliere in casa Evie che, da quando è rimasta orfana, è affidata alla cugina Brooke (Deborah Kara Unger), una donna spenta, sbandata ed ossessionata dall’avanzare dell’età. Ben presto Tracy inizia ad assumere droghe, si lascia andare a avventure erotiche, compie dei piccoli furti eda scuola è sempre più distratta e svogliata. Quando Brooke scopre la verità, Evie, bugiarda patologica, veste i panni della vittima e accusa Tracy di averla trascinata in quell’inferno.
Film d‘esordio della regista, spudoratamente costruito a tavolino, che pecca per uno stile privo d’incisività e troppo levigato. La vicenda si apre con le due giovani protagoniste ubriache che, con lo sguardo perso nel vuoto, si schiaffeggiano per gioco, fino a farsi male. Parte un flashback che ci riporta a quattro mesi prima. “Niente reggiseno, niente mutandine.” con questa sfrontata confessione alla madre, Tracy sancisce il suo rapido passaggio dall’innocenza all’età adulta. Tracy è un’adolescente attanagliata dai morsi della solitudine, smarrita ed arrabbiata e, di tanto in tanto, per stemperare rabbia e tensione, si procura dei tagli sul proprio corpo. Incapace di legare con Mason (Brady Corbet), il fratello maggiore, vive con la madre Melanie, una donna separata che trascina la propria esistenza tra mille problemi economici e che tiene in piedi una sgangherata relazione con il proprio compagno cocainomane, molto più giovane di lei. Grazie a qualche sniffata, a del sesso fugace e a un paio di piercing alla lingua ed all’ombelico, Tracy s’illude di poter assaporare una felicità che non ha mai provato; Evie, dal canto suo, non si fa scrupoli di trascinare all’inferno l’amica del cuore e non appena è scoperta, veste diabolicamente, i panni della povera vittima. Sullo sfondo le solite famiglie scompaginate composte da padri assenti, da madri nevrotiche e frustrate e da uno stuolo di ragazzini vuoti, insoddisfatti e superficiali. In una pellicola dove i maschi e le figure genitoriali sembrano completamente assenti. Tratto dalle vicende autobiografiche dell’allora tredicenne Nikki Reed, co-sceneggiatrice del film. Vincitore del Director’s Award al Sundance Film Festival (2003) e il Pardo d’Argento al Festival di Locarno 2003.
Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.