Chi non ricorda le vicende di Assunta Spina, l’eroina del romanzo di Salvatore Di Giacomo e quelle non meno tragiche dell’infelice protagonista de Il marchese di Roccaverdina? Generalmente, chi uccide per amore, è un soggetto disperato che ha idealizzato fortemente l’oggetto amato fino a fargli perdere i connotati concreti e reali. Come è noto, il termine “passione” deriva dal greco “pascheia” e dal latino “pati”, “soffrire, patire” e chi si macchia di un delitto passionale rimane vittima di cortocircuiti mentali che lo spingono, erroneamente, a pensare che l’oggetto amato voglia punirlo, allontanandosi da lui. Il più delle volte, più che rimarginare ferite ed estinguere la sete di vendetta, il delitto acuisce solo il senso si solitudine e di frustrazione del reo che, quando raggiunge la consapevolezza di sentirsi separato, per sempre, dall’amato/odiato oggetto d’amore, sceglie spesso la via del suicidio o dell’autodistruzione. L’universo della celluloide non poteva non essere attratto da un tema così affascinante e negli anni numerosi registi e sceneggiatori, appartenenti a diverse cinematografie, hanno inondato lo schermo con storie appassionate ed appassionanti. Siano essi noir (Schiava del male) o commedie (Ti amerò fino ad ammazzarti, Divorzio all’italiana) soft erotici (La gabbia) o B-movie (Una lucertola con la pelle di donna) non c’è amante che non cova nella cenere la propria rabbia e che, sul finale, scateni la propria furia vendicatrice.
In Gelosia. il marchese di Roccaverdina ricco proprietario terriero, s’innamora di Agrippina Solmi, una giovane contadina e, dopo averla accolta nel proprio palazzo, la tratta come una sposa e prova a trasformarla in una donna signorile e di alta classe. In paese i benpensanti mormorano e lo scandalo giunge alle orecchie dell’arcigna zia che piomba come un falco a palazzo e minaccia di interdire il nipote e di cancellarlo dal testamento. Per non infangare il prestigio e l’onore della famiglia, il marchese finge di accettare la corte discreta di Zosima, la sua dolce cugina. Ma il suo cuore è in fiamme e, non riuscendo a stare lontano dalla sua amata, propone a Rocco, il suo fidato fattore, di sposare Agrippina e di simulare un matrimonio di facciata. Accecato dalla gelosia e divorato dal timore che Rocco possa non tenere fede al patto, al termine della cerimonia nuziale, lo uccide a colpi di lupara. Neli Casaccio, un povero contadino è incolpato dell’omicidio e condannato a trenta anni di prigione. Divorato dai sensi di colpa il marchese confessa a Don Silvio, il parroco del paese, di essere l’autore del delitto ed, invano, il prelato prova a convincerlo a costituirsi. Il marchese prova a scacciare via i propri fantasmi e sposa Zosima ma Neli Casaccio fugge dalla prigione ed è ucciso dalle forze dell’ordine. Il marchese precipita nella follia e muore tra le braccia di Agrippina che lo consola e gli ripete che non l’avrebbe mai tradito. Germi traspone il romanzo omonimo di Luigi Capuana e regala un affresco verista della Sicilia, descritta come una terra governata da atavici pregiudizi e dalla disparità di classe. Impossibilitato a coronare il proprio sogno d’amore, il marchese deve piegarsi al volere della zia e, dopo aver stretto il patto scellerato con Rocco, impazzisce.
In Quale amore Andrea (Giorgio Pasotti) è ricoverato in un manicomio criminale ed ha ottenuto due giorni di permesso per rivedere i propri figli. In un anonimo aeroporto svizzero, bloccato dalla neve, racconta ad uno sconosciuto (Arnoldo Foà) la propria vita inquieta e tormentata funestata dalla sua incontrollabile gelosia che lo ha spinto ad uccidere la moglie, la bella ed affascinante Antonia (Vanessa Incontrada) una valente pianista che aveva rinunciato ad una brillante carriera per accudire i bambini nati dalla loro unione. Giovane rampollo di una coppia divorziata dell’alta finanza, Andrea ripercorre a ritroso le tappe salienti del matrimonio e descrive Antonia come una donna spenta ed annoiata che, grazie all’incontro con Daniel, un valente violinista, rinasce e riscopre la passione per la musica. Escluso da un piacere che non può condividere con la moglie, divorato dalla gelosia e dall’idea di averla persa per sempre, Andrea la uccide. Il film è un lungo flashback e rispetto all’intenso Sonata a Kreutzer, il romanzo di Lev Tolstoi da cui è tratto, il regista trasporta la vicenda dagli inizi dell’Ottocento ai giorni nostri e dalla Russia alla gelida ed impersonale Lugano. Sciarra lima eccessivamente l’importanza della musica che, nel testo originale, funge da elemento legante tra i due amanti e tradendo ancor di più lo scritto originale, dona all’affascinante Antonia un atteggiamento fin troppo disinibito che lascia dei dubbi sulla sua reale fedeltà al marito.
Pur senza generalizzare, da questo breve excursus, emerge che le protagoniste femminili sono mostrate sullo schermo come delle creature che provano a legare per sempre l’amato a sé ma, quando scoprono che ogni loro tentativo è vano, s’infiammano d’un colpo e compiono la loro disperata vendetta (La seduzione, La calda amante…) utilizzando per lo più armi da fuoco. Nelle pellicole dove compaiono, invece, i protagonisti maschili la gelosia trasuda da ogni immagine ed il tragico epilogo, che esploderà nel finale, incombe sin dalle prime scene. Dopo essersi dannati l’anima per aver covato a lungo nella cenere i loro propositi criminali, gli autori del delitto finiranno anche loro per perdere se stessi.
Articolo pubblicato su Il Corace – Marzo 2o23
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