Truman Capote – A sangue freddo di Bennett Miller – USA – 2005 – Durata 113’

4 Maggio 2024 | Di Ignazio Senatore
Truman Capote – A sangue freddo  di Bennett Miller – USA – 2005 – Durata 113’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Anno 1959. Holcomb, piccola cittadina del Kansas. La famiglia Clutter, composta da padre, madre e due figli, è uccisa selvaggiamente nella loro fattoria.

Il famoso scrittore Truman Capote (Philip Seymour Hoffman), dopo aver letto un articolo che descrive l’accaduto, sconvolto, convince l’editore a spedirlo sul luogo del delitto come inviato del “The New Yorker”, in compagnia dell’amica Harper Lee (Catherine Keener), vincitrice del Premio Pulitzer con il romanzo Il buio oltre la siepe

Con il fiuto di un segugio, Capote intervista gli abitanti di Holcomb e diventa amico di Alvin Dewey (Chris Cooper), un poliziotto locale che sta dando la caccia agli assassini.

Ben presto Capote comprende che sarebbe troppo semplicistico ridurre quella storia ad un servizio di cronaca e che ne deve trarre un romanzo-verità. Perry Smith (Clifton Collins Jr.) e Dick Hickock (Mark Pellegrino), responsabili dell’orrendo massacro, sono catturati.

Capote scopre che i due malviventi, grazie ad una soffiata di un amico, avevano fatto irruzione in quella casa, convinti che i Clutter custodissero una montagna di denaro e, dopo aver scoperto che possedevano solo pochi dollari, persa la testa, avevano compiuto la strage.

Smith e Hickock sono condannati alla pena di morte, ma Capote, attratto da Perry, continua a fargli visita in carcere, imbastisce con lui una fitta corrispondenza e gli procura un ottimo avvocato difensore. Dopo aver raccolto le sue confessioni, pubblica il romanzo A sangue freddo.

Bennett (L’arte di vincere, Foxcatcher – Una storia americana…), all’esordio, si affida alla biografia di Gerald Clarke e lascia che la vicenda abbia come orizzonte temporale gli anni impiegati da Truman Capote per scrivere il suo capolavoro.

Il famoso scrittore di New Orleans, autore di Colazione da Tiffany, è descritto non solo come un istrionico radical-chic che, con le sua salaci battute, intrattiene i salotti mondani, ma soprattutto come un uomo dotato di una squisita sensibilità.

Per tutto il film Capote non si schiera dalla parte delle vittime, né mostra sdegno per i crimini commessi dai due delinquenti ma, sin dalle prime battute, si intenerisce per il destino cui andrà incontro Perry.

La narrazione, un po’ fredda e distaccata, procede in maniera lineare, senza sbalzi e, man mano che l’intrigo si dipana, da giallo si trasforma in un appassionante thriller psicologico.

Più che scavare nell’animo degli assassini, messi in secondo piano, il regista punta dritto su Capote, mettendo a nudo le sue incertezze, debolezze e fragilitàe , mostrandolo come uno scrittore divorato dalla sete di perlustrare fino in fondo i meandri dell’animo umano.

Il film è tutto sulle spalle di un gigantesco Philip Seymour Hoffman, (doppiato mirabilmente da Roberto Chevalier), premiato giustamente con l’Oscar.

 

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