Un cuore in inverno (Un coeur en hiver) di Claude Sautet – Francia- 1992

13 Novembre 2024 | Di Ignazio Senatore
Un cuore in inverno (Un coeur en hiver) di Claude Sautet – Francia- 1992
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Maxime (André Dussollier) e Stéphane (Daniel Auteuil) sono due affermati liutai. Camille (Emmanuelle Béart), bella e affascinante violinista, si rivolge a loro per riparare un prezioso stradivario.

La donna s’innamora, ricambiato, di Maxime, ma, a poco a poco, sente di essere irresistibilmente attratta da Stéphane, un uomo dal carattere schivo ed introverso, che le lancia occhiate furtive, assiste silenziosamente alle sue prove ed ogni volta che l’incontra è sempre galante e garbato.

Accecata dalle sue lusinghe amorose, Camille confida a Maxime di essersi innamorato di Stéphane che, invece di essere compiaciuto dalle attenzioni dell’ammaliante Camille, inaspettatamente, si ritrae e fugge via.

Delusa e amareggiata, Camille piomba in uno stato di profonda depressione. Ferita nell’orgoglio ed umiliata, raccatta i cocci della propria vita e…

In questo magnifico film sulla disabilità amorosa, sulla disarmonia affettiva, ispirato alla novella La principessina Mary di Michail J. Lermontov, Sautet (E’ simpatico ma gli romperei il muso, Tre amici, le moglie e (affettuosamente) le altre, Una donna semplice, Nelly e Mr Arnaud) sposta la vicenda dall’Ottocento ai giorni nostri e a Parigi, e tratta il tema della passione amorosa, scompaginandone i cliché del più classico triangolo amoroso.

Al posto dei soltiti amanti impetuosi che sfidano la sorte, noncuranti che la loro tumultuosa relazione possa essere scoperta, mette in campo due personaggi agli antipodi.

Da un lato Camille, donna viva e pulsante, che lotta, disperatamente, fino ad umiliarsi, pur di conquistare l’innamorato e dall’altro Stéphane, un uomo dal cuore arido, in letargo e sotto anestesia che resta impassibile di fronte alla sua corte.

In questo melò dalle atmosfere rarefatte, costruito sul gioco di sguardi dei protagonisti, il regista francese lascia che per tutto il film Camille e Stéphane non si sfiorino mai, ad eccezione di un candido bacio d’addio sul finale. Ed è proprio quest’intuizione (l’inaccessibilità tattile, metafora di quella emotiva) che determina la grandezza di questo capolavoro, imperniato sugli amori impossibili, come quella in odore “omofilo” tra Maxime e Stéphane.

Al di là dei mille interrogativi (e se Stéphane avesse attirato la splendida Camille solo per “punire” l’amico del cuore?) la pellicola è arricchita da dialoghi eccellenti, da un perfetto scavo psicologico dei personaggi e da una colonna sonora (con le musiche di Maurice Ravel), a dir poco, ipnotica.

Non a caso Sautet, prima di diventare regista, era un critico musicale. Leone d’argento alla 49^ Mostra di Venezia (ex aequo con Hotel de Lux di Dan Pita e Prosciutto prosciutto di Bigas Luna).

David di Donatello (1993) per il miglior film straniero e a Daniel Auteuil ed Emmanuele Béart (al tempo insieme nella vita privata) come miglior attore e migliore attrice. César come miglior film e ad Andrè Dussolier come miglior attore non protagonista.

Per un approfondimento sul tema con schede film e commento critiche si rimanda alla lettura di “Cinema mon amour I 100 film francesi da amare” di Ignazio Senatore – Classi Editore – 2024

 

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