Ci sono donne che sono entrate sottovoce ed in punta di piedi a far parte dell’immaginario collettivo. Una di queste è, senza alcun dubbio, Vittoria Colonna, marchesa di Pescara, nata a Marino nel 1490, figlia di Fabrizio Colonna e di Agnese di Montefeltro dei Duchi di Urbino. Incapace di sfuggire al proprio destino, fu promessa sposa, sin da quando era bambina, a Ferdinando (Ferrante) Francesco D’Avalos, castellano dell’isola d’Ischia e capitano delle truppe imperiali di Carlo V. Nel corso di una sfarzosa cerimonia nuziale, la diciannovenne e bellissima Vittoria, lo sposò nel Castello Aragonese di Ischia il 27 dicembre 1509.
I resoconti dell’epoca narrano del vestito della sposa, impreziosito da gemme preziose e da filamenti d’oro e di regali da capogiro, offerti dai nobili napoletani, per il matrimonio.
Dal 1516 la vita di Vittoria Colonna è costellata da una serie di lutti familiari; la morte del fratello minore Federico; quella del padre nel 1520 e quella della madre due anni dopo. Ma il suo tragico destino è già segnato; il marito deve partire due anni dopo per combattere contro la Francia e, rimasto gravemente ferito durante la battaglia di Pavia, muore il 24 febbraio del 1525.
Sola e senza figli, piegata dal dolore, Vittoria decide di ritirarsi nel convento di San Silvestro in Capite a papa Clemente VII, il quale acconsentì, ma con espresso divieto di prendere il velo.
Da quel momento in poi, ha inizio la lenta e graduale trasformazione di Vittoria che diviene un’apprezzata musa delle arti e della letteratura e, nel castello Aragonese, si lascia circondare da poeti ed artisti; Bernardo Tasso, padre di Torquato, Ludovico Ariosto, Pietro Aretino, Jacopo Sannazzaro, Annibale Caro, Giovanni Pontano.
Figura simbolo della cultura del Cinquecento, esponente di quell’universo colto al femminile che si batteva per il rinnovamento della Chiesa, al punto da rischiare, sul finire dei suoi anni, un processo per eresia, Vittoria Colonna compone i poemetti Rime (1538), alla celebrazione delle virtù cavalleresche del marito defunto, Rime spirituali (1548), componimenti che conquistano il grande pittore e scultore Michelangelo Buonarroti, che diviene un suo fervente ammiratore al punto che le dedicò questi struggenti versi: “Un uomo in una donna, anzi uno dio, per la sua bocca parla, ond’io per ascoltarla son fatto tal, che ma’ più sarò mio…” e le inviò per la sua collezione privata una Crocefissione, i cui bozzetti sono attualmente conservati al British Museum di Londra ed al Louvre di Parigi.
Grazie all’affettuosa amicizia con il grande artista toscano, Vittoria affina sempre più le sue doti letterarie e spirituali, proponendo originali e profonde riflessioni religiose (Pianto sulla passione di Cristo e L’orazione sull’Ave Maria 1456). Alla sua morte, avvenuta nel 1547, Michelangelo Buonarroti dipinse il suo volto, raffigurandola come Maddalena al fianco di Cristo e di Maria, la cui copia si trova nella con cattedrale di Santa Maria de La Redonda a Logrono, in Spagna.
Un esempio di femminista ante-litteram il cui quadro è possibile
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