Per tutti è la Scianel di Gomorra La Serie, ma per gli appassionati di cinema Cristina Donadio è l’attrice feticcio di Pappi Corsicato e per chi ama il teatro, la musa di Enzo Moscato. Attrice duttile e intensa, da giovanissima, ebbe l’ardire di abbandonare il set de La città delle donne di Federico Fellini per interpretare Bim bum bam di Aurelio Chiesa.
Vuole ricordare cosa successe?
“Nel film dovevo essere il sogno ricorrente di Marcello Mastroianni. Quando Fellini mi vide, fece un disegno e lo diede alla costumista. Venivo pagata regolarmente, ma il grande maestro riminese non seguiva un piano di lavorazione stabilito e dirigeva, lasciandosi guidare dall’ispirazione. Ero a Cinecittà da un mese. Ogni mattina, mi truccavano e rimanevo lì in attesa, ma non giravo mai una scena. Fu allora che decisi di mollare tutto e di accettare il ruolo nel film di Chiesa.”
Facciamo un passo indietro? Quando ha pensato che da grande voleva fare l’attrice?
“Ricordo quando a Natale ci riunivamo a casa del nonno, che si sedeva a capotavola e, ad ognuno dei nipoti, donava la cinquecento d’argento, perché a turno, dovevamo esibirci sul tavolo, come fossimo su un palcoscenico. Ero ancora piccola, ma lì inventavo, saltavo, ballavo. Mi piaceva esibirmi. Tutti i miei parenti si divertivano. Mia madre, con affetto, mi prendeva in giro e mi chiamava “pagliaccia”. Poi con il passare degli anni divenni poi la figlia “matta” o “scombinata.”
Quali sono state le loro reazioni quando nel 1978, appena diciottenne, la videro nel film Nel regno di Napoli di Werner Schroeter?
“In realtà già facevo teatro. A mio padre dissi: “Voglio fare l’attrice” e lui mi rispose: “Va bene, ma sappi che ti considererò un’attrice solo quando avrai vinto l’Oscar.” Col tempo ho capito che con quella frase voleva dirmi: “Vola alto”. I miei non mi hanno precluso niente. Anzi, a diciott’anni avevo già un figlio che hanno accolto amorevolmente in casa. Andavo in giro a recitare e sapevo che era con loro, con i miei fratelli e sorelle.”
Ha una fulgida carriera teatrale e cinematografica alle spalle, eppure avuto successo con la televisione, da molti giudicata delle tre, la forma d’arte minore.
“Gomorra La serie va intesa come vero cinema. E’ vero però che quando sono su un palcoscenico mi sento a casa, forse perché ho iniziato la mia carriera con il teatro. Credo però che per un attore l’emozione sia eguale, sia su un palcoscenico che davanti ad una telecamera o una cinepresa, perché sei sempre tu a mettere in atto il tuo modo di essere in scena.”
Con quale regista si è sentita più a suo agio?
“Non ho forse incontrato ancora il regista ideale (ride). Tutti, da Giorgio Magliulo, regista della mia prima tournè teatrale, a Schroeter, quello del mio primo film, a Nanni Fabbri che mi ha diretto nel mio primo sceneggiato televisivo, mi hanno molto amato. Non ho mai avuto uno screzio con nessuno, però, sono ancora in attesa di un ruolo che mi sorprenda. E’ successo con Scianel, mio malgrado, un regalo meraviglioso che ho avuto tra le mani, ma non è quello della mia vita.“
Quale ruolo le piacerebbe interpretare?
“Ci sono dei personaggi che sto inseguendo e che mi stanno inseguendo; Medea, Filomena Marturano, ma mi piacerebbe anche uno che non sia un classico. Vedo delle serie tv dove ci sono dei personaggi femminili meravigliosi; penso ad esempio a La regina degli scacchi.”
L’idea di passare alla regia?
“L’ho fatto a teatro e mi ha dato tante soddisfazioni, ma ha creato anche una sorta di malinteso. Se leggo una sceneggiatura teatrale, inevitabilmente, immagino già la regia e ci sono dei registi che vedono questa mia risorsa come una sorta di intrusione. Una cosa che mi ha un po’ stancata è sentirmi dire: “Adesso che lavori con me, cambiamo tutto, cancelliamo quello che sei stata fino ad oggi.” Ma come si fa? Sono sempre alla ricerca di nuove sfide. Sono molto curiosa, ad esempio, mi diverte e mi affascina molto lavorare nel prossimo film con Vincenzo Salemme.”
Intervista pubblicata su Dodici Magazine- Gennaio 2021
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