Il diciassettenne curdo Bilal (Firat Ayverdi), dopo aver camminato per tre mesi a piedi, dall’Iraq arriva finalmente a Calais. Il suo scopo?
Raggiungere Mina (Derya Ayverdi), la fidanzata, emigrata con la famiglia a Londra.
Al porto Bilal incontra diversi connazionali bloccati in quella cittadina da tempo, che l’informano che, a causa dei numerosi controlli, è diventato sempre più difficile attraversare la Manica e che, data l’alta velocità, è da scartare l’idea di infilarsi sotto la pancia dei treni.
A Bilal non resta che pagare cinquecento euro a dei trafficanti che permettono agli immigrati di infilarsi nei camion diretti in Inghilterra.
Per non farsi beccare dal fiuto dei cani, però bisogna infilare la testa in un sacchetto di plastica e trattenere per lungo tempo il respiro.
A Bilal, però, nel corso del suo viaggio dall’Iraq, avevano legato le mani e messo la testa in un sacco per otto giorni e, ancora vittima di quel trauma, quando è nel camion, dopo un po’, ha un attacco di panico e per respirare, estrae per qualche secondo la testa fuori dal sacchetto, facendosi così scoprire dai poliziotti, assieme agli altri connazionali che, furiosi, giurano di fargliela pagare.
Mai domo, Bilal chiede a Simon (Vincent Lindon), istruttore di nuoto della piscina comunale, di insegnargli a nuotare.
Dapprima Simon non comprende perché questo ragazzo frequenti la piscina, poi si rende conto del suo progetto folle; attraversare la Manica a nuoto.
Per compiere l’impresa occorre essere equipaggiati con una muta subacquea, saper fronteggiare le forti correnti marine, riuscire a resistere alla gelida temperatura dell’acqua e non farsi beccare dalle navette della guardia costiera e dai transatlantici che solcano il mare.
Bilal non demorde e continua ad allenarsi e a macinare vasca dopo vasca. Simon familiarizza con lui, lo invita a cena, lo ospita di notte a casa sua, scatenando le reazioni degli inquilini del palazzo che, forti dell’ordinanza che vieta agli abitanti di Calais di aiutare gli immigrati, pena cinque anni di prigione, lo denunciano alla polizia.
Ma la vita di Simon è già a pezzi perché ha appena divorziato da Marion (Audrey Dana), avvocato che si batte per i diritti degli immigrati e che ha ormai da tempo una relazione con un nuovo compagno.
Riuscirà Simon a convincere Bilal a non tentare la sua folle impresa?
Più che un film sul dramma degli immigrati, trattati come bestie in quel di Calais (non possono fare neanche una doccia a pagamento in piscina, né entrare a comprare dei viveri in un supermercato), Lioret (Mademoiselle, Tutti i nostri desideri…), senza mai scadere nel sentimentalismo di maniera, propone due grandi storie d’amore; quella del giovane Bilal, disposto a tutto pur di riabbracciare la fidanzata e quella del cinquantenne Simon, spezzato dentro da quando la sua storia con Marion è finita.
All’ex moglie, con un groppo in gola, confida: “Lo sai perché Bilal vuole attraversare? Per rivedere la sua ragazza. Ha fatto quattromila chilometri a piedi. Vuole attraversare la Manica a nuoto. Io non ho saputo neanche attraversare la strada per fermarti.”
Un film “necessario” che tratta, in maniera commovente, il tema dell’immigrazione e punta il dito sull’intolleranza e la meschinità che offuscano la mente umana.
Non a caso, causticamente, il regista parigino mostra lo zerbino di un vicino di casa di Simon con la scritta “Welcome” e, in maniera asciutta e senza scadere nel sentimentalismo, sottolinea la disperata condizione degli immigrati clandestini, vittime di trafficanti senza scrupolo e delle anime annerite come la pece dei politici che regolano i flussi migratori nel mondo.
Per un approfondimento sul tema con schede film e commento critiche si rimanda alla lettura di “Cinema mon amour I 100 film francesi da amare” di Ignazio Senatore – Classi Editore – 2024
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