XXY- Uomini, donne o tutti e due? (XXY) di Lucia Puenzo – Argentina – 2007- Durata 91’ – V. M 14

4 Marzo 2021 | Di Ignazio Senatore
XXY- Uomini, donne o tutti e due? (XXY) di Lucia Puenzo  – Argentina – 2007- Durata  91’ – V. M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Alex (Inès Efron) ragazzina di quindici anni, è un ermafrodito, possiede organi sessuali sia maschili che femminili ed è costretta a dover assumere dei farmaci per evitare che la barba e gli altri caratteri maschili prendano il sopravvento sul suo aspetto femminile. Per tenerla al riparo dai pettegolezzi e dai salaci commenti della gente, il padre Kraken (Ricardo Darìn) e la madre Suli (Valeria Bertuccelli) si trasferiscono da Buenos Aires in una casa isolata sulla costa uruguayana. Con il passare degli anni Alex, creatura ribelle e randagia, ha dei rapporti conflittuali con i coetanei e vive la propria ambivalente sessualità come frustrante e carica di ansia e di paure. Kraken e Suli ospitano a casa un famoso chirurgo plastico, loro vecchio amico, sua moglie e suo figlio Alvaro (Martin Piroyansky) di sedici anni. Tra i due adolescenti scatta una travolgente attrazione che li spinge ad assaporare le prime gioie del sesso ma Alex, vittima di un’identità sessualità incerta e confusa, dopo averlo baciato, lo sodomizza. Kraken, non visto, scopre cosa è accaduto tra si due e lo racconta alla moglie che gli confessa di aver invitato il chirurgo plastico nella speranza di poter fare operare la figlia. Per scoprire quale mistero celi la sua anatomia, un gruppo di teppisti spogliano Alex sulla spiaggia e provano a violentarla ma l’intervento provvidenziale di un amico la mette in salvo. Sconvolta, racconta ai genitori quanto le è successo ed allora il padre decide di andare a far visita ad un benzinaio affetto dalla stessa malattia genetica della figlia ed intuisce che Alex deve decidere il proprio destino da sola. Il film si chiude con Alex che denuncerà (forse) i suoi assalitori.

All’esordio la regista argentina Lucia Puenzo, con la camera a spalla ed un grande uso dei piani sequenza, affronta il tema dell’ermafroditismo poco trattato al cinema e lo declina con un tocco di struggente melanconia. Nel corso della vicenda la giovane Alex si muove sullo schermo come un animale braccato, incapace di poter accettare un corpo che l’ha condannata a non essere né uomo, né donna. Più che l’amara vicenda della giovane protagonista colpisce l’umanità dei suoi genitori che accettano la sua malattia, senza strepiti e lamenti, la proteggono e le sono costantemente accanto. Nel corso del film la regista lascia sullo sfondo le figure delle madri e privilegia quelle dei padri; da un lato il papà di Alvaro, un uomo saccente ed arrogante che umilia costantemente il figlio, accusandolo di essere “un finocchio” e dall’altro Kraken, un genitore sensibile ed affettuoso che al dottore confessa il proprio travaglio: “L’abbiamo saputo due mesi prima della nascita. Chiesero l’autorizzazione per filmare il parto e dichiararlo di interesse medico e di informare del caso il consiglio per l’etica. Abbiamo detto di no a tutto  Alex nacque cianotica, tardò quaranta secondi a respirare. A due giorni ci consigliarono di operarla, dissero che così non avrebbe avuto nessun ricordo, a parte la cicatrice. Suli era spaventata, io le convinsi che era meglio non fare niente. Era perfetta, dal primo momento che l’ho vista. Perfetta.”  Dopo aver confidato a sua moglie di aver visto Alex sodomizzare Alvaro, Kraken le consiglia: “Non ti fare illusioni non sarà mai una donna anche se le tagliamo quello che è di troppo.”   Successivamente è lui stesso a recarsi dal benzinaio, affetto dalla stessa malattia della figlia che, dopo avergli mostrato una propria foto dove appariva una dodicenne carina, gli racconta la propria storia: “Ancora oggi mio chiedo come sarebbe stata la mia via se non mi operavano. Quando avevo sedici anni ho iniziato a prendere testosterone, poi a diciassette anni mi hanno operato e quello stesso anno ho cambiato nome. Dopo sei mesi ho conosciuto mia moglie, il resto della mia vita sta dormendo di là. Lo sa quali sono i miei primi ricordi? Tutte le visite mediche. Ero convinto che quando ero nato dovevo essere così orribile che, avevano dovuto operarmi cinque volte, prima di compiere un anno. E quella che chiamano normalizzazione, quella non è un’operazione, è una castrazione, creda. Se l’operavano l’avrebbero fatta vergognare del proprio corpo ed è la cosa peggiore che si possa fare ad un figlio.”

Puente si tiene alla larga da facili pietismi e moralismi e, sostenuta dalla convincente recitazione della giovane protagonista, regala pagine di rara poesia. Il titolo fa riferimento ad una malattia che colpisce le persone con un corredo cromosomico XXY. Tratto da un racconto di Sergio Bizzio. Vincitore del Gran Premio della Giuria e miglior film della Settimana della Critica a Cannes 2007.

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