Ignazio Senatore intervista Confalone: Io scimmia (dopo tre ore di trucco)

31 Agosto 2017 | Di Ignazio Senatore
Ignazio Senatore intervista Confalone: Io scimmia (dopo tre ore di trucco)
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Una relazione per un’Accademia, scritto da Franz Kafka nel 1917, è un testo melanconico, dichiara la travolgente Marina Confalone, interprete dei film cult “Febbre da cavallo“, “Così parlò Bellavista“, premiata con 4 David di Donatello, 2 Nastri D’Argento, 1 Ciak D’Oro e diretta da registi come Lizzani, Monicelli, Luchetti, Loy, Calopresti e Paolo Genovese e Luca Miniero.

Kafka, prosegue l’attrice napoletana, narra la storia di una scimmia, catturata e costretta a vivere, lungo la traversata in mare, accovacciata, in una gabbia bassa e stretta. Per sopravvivere, intuisce che deve imitare i marinai e, nei cinque anni del viaggio, impara a bere l’acquavite e ad emettere suoni umani. Giunta a terra, invece dello zoo, sceglie di diventare l’attrazione di un varietà. Conosce persone importanti, acquisisce un linguaggio forbito, la sua metamorfosi in un essere umano è ormai completa, ma è infelice, perché, invece di saltare tra i rami, e costretta a vivere un’esistenza che non ha scelto.”

Dal testo kafkiano, riprendendo lo spettacolo che Confalone aveva già realizzato nel febbraio scorso nell’Aula di Chimica dell’Università Federico II a Napoli, Antonietta De Lillo (Matilda, Il resto di niente, Non è giusto…) ne ha tratto “Il signor Rotpeter”, mediomatraggio che verrà presentato l’8 settembre nella sezione “Fuori Concorso” nella  74esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Grazie all’opera di un mago del trucco come Aldo Signoretti, continua Confalone, la mia trasformazione in una scimmia, è stata perfetta, ma ho dovuto sottopormi a tre ore di trucco al giorno. “Una relazione per un’Accademia” è un testo ricco di amarezza, già messo in scena da Vittorio Gassman ed Herlitzka, una metafora dei continui compromessi con i quali siamo costretti ad andare avanti. Kafka lo lasciava intendere chiaramente; siamo noi umani dei fantocci, delle scimmie ammaestrate. La sua è una vera e propria lezione filosofica”.

De Lillo nel suo “signor Rotpeter”,  non solo ha “napoletanizzato” il protagonista, che cammina per il Molosiglio e le strade della città, ma lo ha attualizzato, ed in luogo del tight e del farfallino, lo ha vestito con abiti moderni ed è intervistato da una giornalista (l’attrice Aglaia Mora) sulla nostra condizione attuale. Una rivisitazione accorciata del testo kafkiano, riletta in chiave  moderna, girata con due camere a mano, scritta assieme a Marcello Garofalo ed impreziosito dalla mirabile fotografia di Cesare Accetta.

Articolo pubblicato su Il Corriere del Mezzogiorno 31-8- 2017

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