28 giorni di Betty Thomas – USA – 2000

12 Gennaio 2020 | Di Ignazio Senatore
28 giorni di Betty Thomas – USA – 2000
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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La giornalista Gwen Cummings (Sandra Bullock) ed il fidanzato Jasper (Dominic West) vivono a New York all’insegna della trasgressione e non disdegnano di assumere allegramente alcol e droghe. E’ il giorno delle nozze di Lily (Elizabeth Perkins), sorella di Gwen ed i due arrivano ubriachi alla cerimonia. Durante il ricevimento continuano a bere e Gwen, completamente sbronza, frana sulla torta nuziale. Per riparare al torto, si mette alla guida della limousine della sposa  alla ricerca di una pasticceria ma, dopo qualche centinaio di metri, perde il controllo della vettura e si schianta contro un’abitazione. Il giudice la condanna a scontare un ricovero di ventotto giorni in una clinica denominata “Mente, Corpo, Spirito” per il recupero dei tossicodipendenti ed alcolizzati, diretta dal dottor Cornell (Steve Buscemi). Gwen è uno spirito ribelle, non rispetta le regole e non fa altro che mostrarsi oppositiva e protestare. Nel tentativo di fuggire dalla clinica si frattura una gamba e, mutato il proprio atteggiamento, partecipa attivamente alle sedute di terapia di gruppo. Dopo aver fatto amicizia con Eddy (Wiggo Mortensen) un ex giocatore di baseball, con Andrea (Azura Skye) e con gli altri ricoverati, trova dentro di sé la forza per dare un calcio all’alcol ed a Jasper, suo (ex) inseparabile compagno di bevute.

Thomas affronta con un tocco ironico e divertente lo spinoso tema dell’alcol-dipendenza ma lo banalizza con uno script esile e superficiale che si chiude con la magica e scontata redenzione della protagonista. L’approccio alla cura, tipicamente americano, è di una grossolana ingenuità, la clinica sembra un villaggio vacanze ed  ricoverati sono costretti a cantare in coro canzoncine stupide (“Tieniti la tua droga e la birra al malto, io ho un potere molto più alto.”) a tenersi per mano ed a recitare una preghiera (“Signore dammi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quello che posso e la saggezza di comprenderne la differenza. Se ti sforzi, avrai la forza e dunque, forza, forza!!”). La cura prevede diversi approcci ed i ricoverati sono sottoposti a delle sedute di ippoterapia, di terapia familiare e di gruppo, dove la conduttrice orienta i pazienti ai cosiddetti “sfoghi emotivi”. Lo scavo psicologico è bandito e per motivare in qualche modo la scelta alcolomanica della protagonista la regista fa uso di frequenti flashback che mostrano come da piccola, insieme alla sorella Lily, si era presa cura della madre che, dopo l’abbandono del marito, si era attaccata alla bottiglia. Non può mancare la stoccata melodrammatica con la morte per overdose di Andrea, la compagna di stanza di Gwen, fragile, insicura, che tra un pianto e l’altro, trascorreva le ore a tagliuzzarsi il corpo.

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