Cinque corpi senza testa (Strait jacket) di William Castle – USA – 1963 – Durata 89’ – B/N

22 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
Cinque corpi senza testa (Strait jacket) di William Castle – USA – 1963  – Durata 89’ – B/N
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Alla morte del ricco ed anziano marito, Lucy Harbin (Joan Crawford) sposa Frankie, un uomo più giovane di lei di sette anni. Una sera è fuori città e Frankie ne approfitta per portarsi a casa Stella, una giovane conquista. Lucy rientra prima del previsto e scoperti i due amanti, li uccide a colpi di accetta sotto gli occhi esterrefatti di Carol (Diane Baker), la tenera figlioletta. Passano venti anni e Lucy è dimessa dal manicomio. Carole, intanto, è cresciuta con lo zio Bille e la zia Emily (Rochelle Hudson) è diventata una brava scultrice ed è fidanzata con Michael Fields (John Anthony Hayes), un rampollo della buona società. Lucy soffre sempre più di allucinazioni, è assalita da penosi incubi notturni e gira alla larga da forbici, coltelli e da tutto ciò che è tagliente e appuntito. Il dottor Anderson (Mitchell Cox), lo psichiatra che l’aveva in cura in manicomio, va a farle visita ma quando lei intuisce che vuole nuovamente ricoverarla, lo decapita con un ascia. Il giorno dopo un contadino ficcanaso fa la sua stessa fine ed il suo corpo scompare nel nulla. Carole e Michael vorrebbero sposarsi ma Mrs Fields, la severissima madre del ragazzo, preme per conoscere Lucy. Carole temporeggia, poi cede e quando Mrs Fileds scopre l’oscuro passato della donna manda in fumo il matrimonio. Sul finale l’autrice dei delitti è smascherata; Carole uccideva le sue vittime con in volto la maschera di Lucy ed aveva architettato il piano per inchiodare l’odiata madre.

Piccolo capolavoro del cinema inglese, praticamente perfetto, passato incredibilmente sotto silenzio. L’autore dello script è Robert Block, autore dell’indimenticabile Psycho ed il tema della follia e del doppio non può che esplodere nel finale. Dopo la prima scena shock dell’omicidio di Frankie e Stella, senza mai scadere nel gore o nello splatter, Castle ci ripropone ossessivamente il tema delle teste mozzate e dissemina lungo la narrazione asce, foto a cui mancano i volti e galline da decapitare. Un bianco e nero da antologia fa da corollario all’intera vicenda.  Da scoprire.

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