East is East di Damien O’Donnel – GB – 1999 – Durata 96’

22 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
East is East di Damien O’Donnel – GB – 1999 – Durata 96’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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George Khan (Om Puri), negoziante di origini pakistane, bisbetico e violento, è convinto che tutti devono obbedirgli senza fiatare.

Vive in un sobborgo di Manchester con i suoi sette figli e la moglie Ella (Linda Bassett), inglese e cattolica, una donna che, pur di tenere unita la famiglia, ha imparato a piegare la testa e a subire in silenzio le angherie del marito.

Come le credenze religiose del suo paese impongono, George combina il matrimonio del primogenito Nazir (Ian Aspinall) con una giovane ragazza pakistana.

Ma suo figlio è gay e, dopo un clamoroso dietro-front sull’altare, scappa di casa. Passa del tempo e George, in gran segreto, organizza il matrimonio di Abdul (Raji James) e di Tarik (Jimi Mistry) con le figlie di un macellaio.

I due ragazzi, perfettamente integrati nel tessuto sociale, flirtano con ragazze inglesi e non hanno nessuna voglia di piegare la testa al suo volere, ma finiscono per cedere e non battono ciglio nemmeno quando scoprono che le loro future spose sono due bruttissimi rospi.

La futura suocera è però odiosa, arrogante e criticona ed Ella, dopo aver assorbito in silenzio i suoi affondi, sbotta e, dopo avergliene cantate quattro, la caccia di casa.

Il matrimonio va all’aria e George, offeso, per il comportamento della moglie, reagisce, picchiandola. Ma i figli fanno quadrato intorno a lei e solo allora George comprende che non può più gestire la vita dei figli, maltrattare la moglie e imporre le sue decisioni in famiglia.

Commediola agro-dolce, dal ritmo fresco e vivace, ambientata negli Anni Settanta, che mette in scena il difficile processo d’integrazione degli emigrati pakistani di prima generazione sul suolo britannico.

Il burbero George, soprannominato dai figli Gengis Khan, giunto a Manchester negli Anni Trenta, è descritto come un uomo di altri tempi, educato al rigido rispetto delle leggi secolari che regolano il paese natio e, incapace di comprendere che in quegli anni, nel Regno Unito, è scoppiata la rivoluzione sessuale e nelle discoteche impazza la musica beat.

Fedele custode della tradizione, fa circoncidere il più piccolo dei suoi figli, conserva come reliquie i vestiti tradizionali pakistani da indossare nei matrimoni e, dopo il rifiuto di Nazir di sposare la donna che gli era stata data in moglie, toglie il suo ritratto che campeggiava, in salotto, insieme agli altri figli.

Il regista non vuole lambire i territori del dramma e, con freschezza ed un tono scanzonato, fa spudoratamente il tifo per i figli, che finiscono per rimanere nel guado, rifiutati dalla cultura britannica in quanto immigrati e isolati dai loro compatrioti.

Tratto dall’omonima piece di Ayub  Khan Din.

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