“Essere Gigione” di Valerio Vestoso

10 Novembre 2017 | Di Ignazio Senatore
“Essere Gigione” di Valerio Vestoso
Senatore giornalista
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E’ il re indiscusso delle feste di piazza. Oggetto di culto per gli amanti del trash, Luigi Ciaravola, in arte Gigione, da anni fa il pienone nei paesini del Centro Sud. “La campagnola”, “Il ballo del cavallo”, “La zitella”, “Lecca lecca” sono solo alcune delle sue canzoni più note, che hanno  addirittura varcato i confini regionali, fino ad essere eseguite in trasmissioni televisive a carattere nazionale, dal Maurizio Costanzo Show a Quelli che il calcio. Valerio Vestoso, giovane e talentuoso regista beneventano, vincitore con i suoi spiritosi corti di diversi concorsi, ha impaginato un doc “Essere Gigione”, che ripercorre le tappe artistiche di chi, un tempo si faceva chiamare GigiOne e che, all’esordio, si esibiva sul palco, cantando in napoletano brani  dei Beatles e di Madonna. Vestoso non mostra solo l’artista, affiancato sul palco ormai da anni dal figlio Jo Donatello e dalla figlia Menayt ,ma punta soprattutto a sondare i lati più intimi, personali e nascosti di chi, con i suoi concerti in piazza, seppur privo di una voce originale, è sulla breccia da anni. Indiscutibilmente, il “Bruce Springsteen di Boscoreale”, come era soprannominato un tempo, ha consolidato il successo riadattando dei motivetti orecchiabili, composti anche da altri autori e componendo dei testi che rimandano a degli ingenui ed infantili doppi sensi sessuali oppure, all’opposto, vogliono essere delle furbe invocazioni dedicate a San Francesco, alla Madonna di Pompei, a Padre Pio ed a Papa Francesco.  Il regista ha seguito Gigione nei suoi tour ed ha confezionato un doc, non celebrativo, ma diretto con stile asciutto, che merita la visione perché fa luce su un personaggio diventato un fenomeno antropologico e di costume della sottocultura popolare. Intanto, mentre non è ancora nota la data dell’uscita del doc nelle sale, la notizia  del suo finanziamento dal Mibact, il Ministero dei beni e delle attività culturali, che lo ha definito “d’interesse culturale”, continua a suscitare dibattiti e “polveroni”.

Articolo pubblicato su Il Corriere del Mezzogiorno il 10-11-2017

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