Il vergine (Le depart) di Jerzy Skolimowski – Belgio – 1967 – Durata 90’ – B/N

3 Giugno 2022 | Di Ignazio Senatore
Il vergine (Le depart) di Jerzy Skolimowski – Belgio – 1967 – Durata 90’ –  B/N
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Marc (Jean-Pierre Léaud), giovane parrucchiere, sogna di diventare pilota da corsa ed i suoi unici argomenti di conversazione sono le auto ed i motori. Vitale, esuberante e pieno di iniziative, cerca in tutti i modi di procurarsi una fiammeggiante Porsche 911 S per partecipare ad una gara automobilistica. Senza il becco di un quattrino, prova, invano, a convincere il proprietario del negozio a prestargliela. Nel salone c’è un via vai di ricche e stagionate parigine. Marc scopre, per caso, che una delle clienti, la signora van de Put (Jacqueline Bir) ha una Porsche. Lei gli fa gli occhi dolci, lo seduce apertamente e gli fa intendere che gli presterebbe l’auto, se accetta di andare a letto con lui, ma Marc, timido ed impacciato, non ha la stoffa del dongiovanni e lascia cadere l’invito.

Con la complicità di Michèle (Catherine- Isabelle Duport), la sua dolce e premurosa amica, prova, senza successo, a rubare qualche Porsche, dapprima in strada poi in un’autosalone. Deciso a tutti i costi a partecipare alla competizione, prende in prestito l’auto del titolare del negozio e si fa accompagnare da Michèle in un albergo nei pressi della pista automobilistica. Nella scena finale è mattina; Marc è in piedi davanti alla finestra e si odono in lontananza i rombi dei motori delle auto che sfrecciano sulla pista. Quando Michele gli chiede perché mai non sta gareggiando assieme agli altri piloti Marc, mentendole, le dirà: “Mi sono svegliato tardi”. La verità è che si è innamorato di Michèle ed ha compreso che lei è più importante di qualsiasi gara da corsa d’auto.

In questo delizioso film di formazione assistiamo alla crescita emozionale di Marc, interpretato dall’impareggiabile Jean-Pierre Léaud che, dopo essersi dannato per tutta la vicenda a trovare l’agognata Porsche, si accorge dell’inconsistenza del suo desiderio, proprio nel momento in cui potrebbe realizzarlo. A Skolimowski non interessa impaginare un film che replichi gli stilemi del genere sportivo, ma mettere al centro della storia un adolescente, ingenuo e sognatore, che invece di tuffarsi nella vita, si rifugia nel suo mondo fantasticato, ricolmo di auto e motori. Il film è, da un punto di vista stilistico, un vero e proprio gioiellino che risente in pieno della fresca ventata di novità della Nouvelle Vague che travolse il cinema del tempo. Il regista impreziosisce la narrazione lasciando che un’ipnotica colonna sonora di Krzysztof  Komeda, di chiara marca jazzistica, faccia da sottofondo alle buffe avventure dei due protagonisti. Jean-Pierre Léaud da Oscar. Pessima rispetto all’originale, la traduzione del titolo del film in italiano. Orso d’Oro (Premio della critica) Festival di Berlino 1967.

Per un approfondimento sul tema si rimanda al volume di Ignazio Senatore “Quando il cinema fa goal. I100 film più belli sul calcio”, edito da Absolutely Free.

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