La più bella serata della mia vita di Ettore Scola – Italia – 1972

31 Dicembre 2016 | Di Ignazio Senatore

Alfredo Rossi (Alberto  Sordi), industriale romano, residente a Milano, si sta recendo in Svizzera per depositare illegalmente cento milioni.

Essendo arrivato in ritardo in banca, deve rimandare all’indomani mattina l’operazione.

Nel seguire con al sua Maserati una splendida bionda in sella a una motocicletta, finisce in un luogo sperduto ed accidentato.

L’auto finisce in panne ed è costretto a chiedere ospitalità a degli ex magistrati in pensione, il giudice Dutz (Charles  Vanel), l’avvocato (Pierre  Brasseur), il procuratore Zorn (Michel  Simon), il cancelliere Bouisson (Claude  Dauphin) che vivono in un castello insieme a. Simonetta (Janet  Agren), un’avvenente cameriera.  

Ben presto intuisce che è imputato, in una sorta di processo-gioco, allestito dai quattro ex togati. Dopo aver partecipato ad una cena luculliana, nel corso del processo è accusato di essere un arrivista senza scrupoli e condannato a morte. Un finale amaro chiude la vicenda. 

Pellicola insolita ispirata al racconto La Pannè di  Friederich  Durematt, girata tutta all’interno del castello, che regge tutto sulla prova attoriale di Alberto Sordi, in gran spolvero.

La vicenda ruota intorno al suo personaggio, il dottor Rossi, un mediocre speculatore che ha fatto fortuna andando a letto con la  moglie del suo capo, che scoperta la tresca, essendo malato di cuore, ci era rimasto secco.

Subentrato al suo posto, dopo essersi sbarazzato dell’ex amante e dei suoi vecchi collaboratori, Rossi aveva iniziato a guadagnare, illecitamente accumulando in breve tempo una discreta fortuna.

Esponente tipico della borghesia cialtrona e corrotta, dove tutti rubano, corrompono ed evadono il fisco,  nel corso del processo Rossi non ha mai un cedimento e, divertito e compiaciuto, nell’arringa finale, fingerà di auto-incolparsi e di pentirsi, solo per evitare la prevedibile condanna.  

Scola predilige una narrazione lineare e riserva il colpo di scena al beffardo finale.

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