L’innocente di Luchino Visconti – Italia – 1976 – Durata 135’ – V.M 14

21 Gennaio 2020 | Di Ignazio Senatore
L’innocente di Luchino Visconti – Italia – 1976 – Durata 135’ – V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Roma 1890. Ricco, infedele e viziato Tullio Hermil (Giancarlo Giannini) trascura la moglie Giuliana (Laura Antonelli) alla quale, senza un minimo di sensibilità, confida lo struggimento amoroso che prova per la contessa Teresa Raffo (Jennifer O’Neill), una vedova elegante e dotata di grande sex appeal che lo domina e con la quale ha una tormentata e passionale relazione. Giuliana china il capo, accetta in silenzio il tradimento del marito ma cova dentro di sè rabbia e vendetta e quando s’imbatte in Filippo d’Arborio (Marc Porel), scrittore giovane ed affascinate, cede alle sue lusinghe. Un po’ per gioco, un po’ per cinismo Teresa apre gli occhi al suo amato che, corroso dalla gelosia, si riavvicina nuovamente alla moglie. Giuliana ha dei capogiri, sviene e confida alla madre (Rina Morelli) di Tullio di essere incinta di tre mesi e che il figlio è frutto della sua relazione extra-coniugale Corroso dal tarlo della gelosia, Tullio prova nuovamente a riconquistarla; silenziosa, diplomatica e discreta, Giuliana lo ammansisce con qualche moina ma poi, dopo aver consultato il confessore, decide di portare avanti la gravidanza. Tullio teme che qualcuno possa scoprire la verità e spera ardentemente che la gravidanza sia interrotta dall’insorgenza di qualche complicazione. Giuliana dà alla luce il bambino e, banditi i festeggiamenti per la nascita del primogenito ed il battesimo di rito, Tullio accusa Giuliana di aver ritrovata la felicità e di essere ancora innamorata di Filippo, morto, intanto, per una malattia tropicale contratta in Africa. Tullio entra in uno stato di febbrile nervosismo e la notte di Natale, approfittando che tutti sono a messa, espone “l’innocente” al gelo della nevicata, facendolo morire assiderato. Giuliana, travolta dal dolore, , a muso duro, gli scarica addosso il proprio odio, disprezzo e livore e Teresa, dopo aver ascoltato la sua confessione, lo accusa di essere un uomo abietto, mostruoso e meschino. Il finale non può essere che tragico.

Visconti ambienta la vicenda nella Roma umbertina ed a dispetto del romanzo di Gabriele D’Annunzio, dal quale è stato tratto il film, chiude la vicenda con il drammatico suicidio del protagonista. Il regista evita di scivolare nel decadentismo di maniera ma impagina un film freddo, didascalico ed impersonale che non trasmette l’acuta disperazione che attanaglia il cinico e mediocre protagonista, né l’oceanica solitudine di Giuliana. Lento fino all’esasperazione ed appesantito da un uso insistente dei primi piani, la pellicola soffre per una recitazione legnosa ed artificiale di Giannini e di Antonelli. A difesa del film va ricordato che il regista morì prima del montaggio definitivo. Splendidi i costumi di Piero Tosi, gli arredamenti e le scene che propongono i ricevimenti dei molli e vuoti aristocratici. Premio David a Franco Mannino per la musica.

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