L’insolito caso di Mr. Hire di Patrice Leconte – Francia -1989 – Durata 81’

18 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore

La mia avidità di guardare è tale che i miei occhi finiranno per consumarsi e quest’usura delle pupille sarà la malattia che mi porterà a morire. Una notte guarderò così fissamente nel buio che ci finirò dentro. (Michelangelo Antonioni)

“La scopofilia comincia a partire dall’osservazione del movimento dell’oggetto spiato. (…) Lo scopofilo non spia soltanto ciò che è proibito ma anche ciò che è sconosciuto; in altri termini, la scopofilia ha bisogno di scoprire l’ignoto.” (Da “L’uomo che guarda” di Alberto Moravia)

Schivo, taciturno e sempre rannicchiato in se stesso Monsieur Hire (Michel Blanc) conduce una vita riservata, in un anonimo condominio di una cittadina francese. Solo e senza amici, la sera dopo aver lavorato nella sua piccola sartoria rientra a casa e spia nel buio Alice (Sandrine Bonnaire), la bella ed inquieta dirimpettaia. Una donna viene assassinata ed i sospetti della polizia ricadono su di lui. Hire sa che il delitto è stato compiuto da Emile (Luc Thuiller) il fidanzato di Alice, ma tace, nel timore che la sua amata possa essere accusata di complicità. La ragazza comprende che Hire è uno scomodo testimone, inizia a ronzargli intorno e lo smaschera, rivelandogli che ha scoperto che ogni sera la spia dalla sua finestra. La polizia brancola nel buio ed Hire, in cambio del proprio silenzio, propone ad Alice di andare a vivere con lui in Svizzera Lei accetta ma l’aspetterà, invano, alla stazione. Deluso e con il cuore in frantumi ritorna a casa dove troverà ad attenderlo la polizia; Alice lo ha incastrato nascondendo la borsetta della vittima nell’armadio di casa sua.. Per sfuggire alla cattura, Hire si arrampica sui tetti e muore, precipitando nel vuoto.

Chi è veramente questo personaggio dal pallore cereo e cadaverico, bassino e del tutto ordinario che si aggira sulla scena: un voyeur che si eccita nello spiare, al buio, i movimenti della dirimpettaia od un uomo alla ricerca disperata d’affetti e tenerezza? Il regista parigino Leconte, classe 1947, alla terza regia, dopo “Il cadavere era già morto” (1976) e il successivo “Tandem” (1987), interpretati entrambi da Jean Rochefort, il suo attore feticcio, con questo film fa centro ed è premiato giustamente con la Palma d’oro a Cannes e si aggiudica 7 nomination ai Cesar. In questo remake di “Panico” (“Panique”) tradotto  sullo schermo nel 1946 da Julien Duvivier, interpretato da Michele Simon e dalla conturbante Viviane Romance, Leconte traspone fedelmente sullo schermo il romanzo “Il fidanzamento di Mr Hire”, scritto da Georges Simenon nel 1933. 

Rispetto al testo originario dello scrittore belga (che per rinforzare il tratto anonimo, modesto e ordinario del protagonista non gli regala neppure il nome di battesimo) e al film di  Duvivier, il regista regale a Hire un aspetto più  fragile ed indifeso e soprattutto depura al massimo gli aspetti erotici della vicenda non concedendo al tenero e sconsolato protagonista neanche la felicità di scambiarsi con Alice un timido bacio.

Il film, sospeso, poetico e melanconico, è immerso in un’atmosfera impalpabile ed impreziosito da frasi sommesse e trattenute. Ma il fascino del film risiede soprattutto negli sguardi; non solo quelli dal sapore voyeuristico che Hire rivolge dal buio della sua stanza verso l’appartamento di Alice ma quelli che le lancia, per tutto il film, alla ricerca di un’impossibile reverie. Con maestria, Leconte  coniuga il giallo  ( al pari dei protagonisti de “La finestra sul cortile” di Hitchcock  e di “Omicidio a luci rosse” di Brian De Palma, Hire è un voyeur che spia dalla finestra di casa ed è coinvolto in un delitto) e il romantico- sentimentale (Hire è innamorato della dirimpettaia al pari di Giovanna Mezzogiorno innamorata di Raoul Bova de “La finestra di fronte” di Ozpetek e del tenero ragazzino protagonista de “Non desiderare la donna d’altri di Kieslowski) . Ma perché Hire rapisce il cuore dello spettatore? Perché è un uomo costretto a rubare un amore che, da sempre gli è stato negato per il suo aspetto fisico.  Eppure il suo sguardo è candido e puro e lui non scruta Alice per ricavarne un piacere sessuale ma solo per cercare di stabilire un flebile e fugace contatto emotivo con lei.

In un dialogo struggente Hire, a bassa voce, le confesserà: “Ci sono dei giorni in cui comincio a piangere da solo in casa, senza poter smettere…Non l’ho mai detto a nessuno Da quando lei è venuta a vivere di fronte, tutto è cambiato…La prima volta l’ho vista per caso, poi non ho più potuto staccare gli occhi da quella finestra. E se non faccio più l’amore con queste ragazze è perché sono innamorato di lei. Io l’amo Alice…”  E quando Hire scoprirà che lei l’ha tradito non proverà rabbia nei suoi confronti e prima di scappare, si congeda, dicendole: “Le sembrerà ridicolo Alice, ma non riesco egualmente ad avercela con lei. Sono solo triste da morire. Ma non fa niente. Lei mi ha donato la gioia più grande della mia vita.” 

Leconte dosa perfettamente i tempi delle narrazione ed al tenero e smarrito protagonista contrappone Alice, una delle creature più algide mai apparse sullo schermo, moderna dark-lady, con il cuore arido ed impagliato, che pur di salvare il suo Emile, accuserà Hire senza provare il minimo rimorso.

In questo film sull’inaccessibilità di certi sentimenti e sull’illusione che lo sguardo possa (da solo) riempire (e nutrire) il cuore di un innamorato, una nota di merito va ai due superbi protagonisti. Da un lato Michel Blanc, che dopo due particine in “Che la festa cominci di Tavernier e ne “L’inquilino del terzo piano” di Polanski, con la sua prova conquista l’attenzione di pubblico e critica e dall’altro Sandrine Bonnaire, che dopo essere stata la musa di Maurice Pialat (“Ai nostri amori”, Police”, “Sotto il sole di Satana”) e aver rapito tutti ne “Senza tetto, nè legge” di Agnes Varda, si conferma attrice sensibile e di spessore. Splendido l’arrangiamento del Quartetto in sol min. op. 25 di Brahms. Da sottolineare come il titolo in italiano genera confusione; in luogo del più semplice Monsieur, è stato imposto un confusivo “L’insolito caso di Mr. Hire”, 

Per chi è così timido che può toccare le donne solo con gli occhi.

Recensione pubblicata sulla Rivista “Eidos- Cinema, Psiche ed arti visive” Numero 8

 

 

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