Fabio (Gabriele Tinti) non vede la zia Marta da trent’anni e accetta il suo invito a trascorrere il fine settimana nella sua villa di campagna con la moglie Dora (Adriana Russo) ed i figli. Giunti alla villa, il custode li informa che zia Marta non è in casa. Dopo due giorni, Dora, insospettita, spinge il marito ad indagare e Fabio, gironzolando nei dintorni, scopre che la villa è da anni stata abbandonata e che nessuno conosce il custode. Lungo la via del ritorno Fabio è colpito da alcune tombe e scopre che sulle lapidi sono incisi i nomi della moglie e dei figli. Al ritorno in villa, Fabio scopre che la sua famiglia è stata sterminata per mano del custode che inchioda così Fabio alla dura verità; per appropriarsi del patrimonio della zia Marta, la madre l’aveva fatta ricoverare in manicomio e, negli anni successivi, Fabio aveva continuato a dilapidare i beni della zia, lasciandola marcire per trent’anni in manicomio.
Horror deludente e di scarsa fattura, venato da scene splatter e sanguinolenti che si apre con un flashback. Zia Marta, una donna, con la mente visibilmente in disordine, è presa con la forza da due infermieri che la ricoverano in manicomio e la legano al letto con delle cinghie di contenzione. Un dottore, si avvicina al piccolo Richard ed alla madre e comunica loro che la paziente difficilmente si riprenderà.
Per i rimandi filmografici, le schede film ed un esaustivo approfondimento sul tema si rimanda ai volumi “Cinema Mente e Corpo” e “Cinema (italiano) e psichiatria” di Ignazio Senatore – Zephyro Edizioni
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