Notti selvagge (Les nuits fauves) di Cyril Collard- Francia – 1992- Durata 106’

19 Settembre 2020 | Di Ignazio Senatore
Notti selvagge (Les nuits fauves) di Cyril Collard- Francia – 1992- Durata 106’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Il trentenne Jean (Cyril Collard) sbarca il lunario come tecnico della luce; il suo cuore è diviso tra Samy (Carlos Lopez), un muscoloso rugbista dalle inclinazioni neonaziste, e Laura (Romane Bohringer), una diciassettenne che sprizza vitalità da tutti i pori.

Jean si prostituisce e conduce una vita dissipata e sregolata e, al ritorno da un viaggio in Marocco, pur avendo scoperto di essere sieropositivo, continua ugualmente a fare l’amore, senza precauzioni, con Laura e gli altri partner occasionali.

Jean sceglie di andare a vivere con Samy; Laura non regge il colpo e, dopo aver tentato il suicidio, finisce in manicomio.

Tratto dal romanzo Les nuits fauves di Cyril Collard, il film è ambientato a Parigi negli Anni Ottanta ed è l’autobiografia del regista scomparso nel 1983, all’età di trentacinque anni.

L’AIDS è un fantasma che compare, in punta di piedi, sin dalle prime scene, e il regista ci mostra il protagonista che, ignaro di aver contagiato il male, va in ospedale, insospettito da una macchiolina sul braccio.

Nonostante il tema scabroso, Collard cade spesso nella retorica e i suoi eroi, più che dannati, sembrano dei soggetti incapaci di controllare la propria auto ed etero-distruttività. Dopo aver fatto l’amore con Laura, Jean ad un amico confida: 

“E’ stato come in un sogno. Mi pareva che quel virus non facesse parte di me. Non può succederle niente, tra noi c’è un vero amore. Faccio cose abiette e non mi toccano, quando torno da lei mi sento pulito.” 

E quando Laura, in lacrime, gli chiede come abbia potuto far l’amore con lei, sapendo di essere sieropositivo, con un misto tra incoscienza e candore, le risponde: 

“Pensavo che non ti succedesse niente. Lo capisci, è come se non potessi accettare questa realtà.” 

Laura è descritta come una ragazza gelosa e possessiva e Samy, come un ragazzo instabile che, per dimostrare all’amato Jean la passione che nutre per lui, si procura con la lama affilata di un coltello dei tagli sul torace e si cosparge poi le ferite con dell’alcol.

Il film è teso e vibrante e si chiude con questo ultimo commento di Jean: 

“Sono fatto di pezzi di me stesso buttati qua e là e poi rimessi insieme disordinatamente. A volte mi chiedo chi mi ha contagiato ma non ce l’ho con nessuno. Vedo solo dei visi confusi subito rimpiazzati dall’immagine del virus.”  

Il regista morì quattro giorni prima che il film vincesse quattro Premi Cesar.

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