Padiglione 22 di Livio Bordone – Italia – 2005- Durata 82’- Durata 82’

7 Gennaio 2022 | Di Ignazio Senatore
Padiglione 22  di Livio Bordone – Italia – 2005- Durata 82’- Durata 82’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Valerio (Giuseppe Antignati) è affetto da schizofrenia. A nulla servono le preghiere che il padre recita senza sosta nella speranza che guarisca. Fredda e distaccata, la madre sembra provare solo irritazione e disprezzo per quel figlio impresentabile, che non è in grado neanche di lavarsi da solo. La piccola Laura, tenuta in disparte dalla madre, e che le lesina affetto e carezze, assiste impotente alla sofferenza del fratello che, con l’aggravarsi della malattia, è ricoverato in manicomio nel Padiglione 22. Passano gli anni ed alla morte dei genitori, Laura (Regina Orioli) sembra ancora schiacciata dalla figura di Valerio che muore, dopo essere fuggito dal manicomio. Marco, il compagno di Valeria, prova a starle vicina ma lei sembra risucchiata dal fantasma del fratello e lo allucina, mentre vaga per i disadorni, dismessi e fatiscenti corridoi del manicomio, attorniato dai soliti pazienti mutacici, malnutriti e con la mente altrove. Laura è sempre più assente, nervosa e distratta ed, in un accesso di follia, accoltella Marco. Considerata inferma di mente, è ricoverata in manicomio. E se tutta la vicenda non fosse altro che il frutto delle malsane fantasie della protagonista?

All’esordio dietro la macchina da presa Bordone ambienta la vicenda nel 1978, anno dell’applicazione della legge Basaglia, ed impagina un horror di tutto rispetto e, come il genere impone, mescola fantasia e realtà. Sommersa dai sensi di colpa, in una scena clou del film, dopo avergli chiesto “Ma tu che vuoi? Io ero solo un bambina”, immagina un dialogo con Valerio che, dopo averle confidato il proprio tormento, le dice: “Come si può vivere un’intera esistenza senza poter mai credere a quello che ci circonda? Noi diventiamo  una pietra, un albero, un fiore.” Da un punto di vista stilistico il film si adagia un po’ troppo sugli stilemi del genere e, dopo le prime fulminanti battute, la narrazione diventa seriale, prevedibile e ripetitiva. Nei titoli di coda dopo aver ricordato che Basaglia chiuse i manicomi, il regista mostra delle foto in bianco e nero che mostrano i pazienti ricoverati in manicomio legati al letto, reclusi dietro le sbarre ed incarcerati nelle camicie di forza. Piccola apparizione di Elio Germano nei panni di un ricoverato.

Per i rimandi filmografici, le schede film ed un esaustivo approfondimento sul tema si rimanda ai volumi “Cinema Mente e Corpo” e “Cinema (italiano) e psichiatria” di Ignazio Senatore – Zephyro Edizioni

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