Pitza e datteri di Fariborz Kamkari – Italia – 2014

1 Ottobre 2023 | Di Ignazio Senatore

Zara (Maud Buquet), giovane e bella parrucchiera, abbandonata dal marito, scopre che é in un mare di debiti e, per ripianarli, decide di trasformare la moschea in un salone di bellezza unisex, sfrattando così di fatto la pacifica comunità musulmana di Venezia.

Del piccolo gruppo di musulmani fanno parte Bepi Vendramin (Giuseppe Battiston), un nobile veneziano decaduto e al verde, convertito all’Islam che si fa chiamare Mustafa, il ‘presidente’ della comunità Karim (Hassani Shapi), la musulmana emancipata Fatima (Esther Elisha) e il curdo Ala (Giovanni Martorana).

Per uscire dall’enpasse é chiamato in soccorso un giovane e inesperto Saladino (Mehdi Meskar), un imam di origine afghana che, cercando le risposte nel Corano, suggerisce ai propri seguaci dei metodi alquanto bizzarri e improbabili per impossessarsi nuovamente della moschea.

Dapprima propone di lapidare l’infedele Zara, poi di ucciderla con un colpo di fucile, successivamente penetra nel suo appartamento per eliminarla con un coltellaccio da cucina ma anche questo suo goffo tentativo fallisce miseramente. infine, come ultima possibilità, prova a convincere  Mustafa a sposare la bella Zara.

Lo stesso iman, sempre più confuso, inizia a credere che non vi siano vie d’uscite e alla fine, i componenti della comunità, si convincono a prendere in affitto una sinagoga ormai non più frequentata dagli ebrei. E se Mustafa, invece, non fosse d’accordo con quest’ultima scelta?

Con questa commedia multiculturale, un vero inno alla tolleranza e al rispetto delle culture e delle reciproche tradizioni, il regista curdo, nato in Iran, prova a far sorridere lo spettatore ironizzando, con garbo e rispetto, sugli stereotipi religiosi, sociali e politici e sui fondamentalismi di ogni genere che attraversano la società contemporanea.

Il tono è volutamente leggero e grottesco (l’imam non sa nuotare e ogni qual volta attraversa i canali veneziani ha mal di mare) ma non mancano i colpi di scena, gli attacchi alle banche che si arricchiscono alle spalle dei poveri in canna e alla inveterata misoginia dell’universo musulmano.

Sul finale al grido (“La moschea è di tutti!”) mostra, utopisticamente, che gli uomini e le donne potranno pregare insieme.

Il regista s’affida ad un cast per lo più composto da non attori  e lascia che sia Battiston a far la parte del leone e a caricarsi sulle spalle tutti il film. Accattivante la colonna sonora de l’Orchestra di Piazza Vittorio, in nomination per il Nastro d’argento.

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