Preferisco il rumore del mare di Mimmo Calopresti – 1999

6 Maggio 2017 | Di Ignazio Senatore
Preferisco il rumore del mare di Mimmo Calopresti – 1999
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Luigi (Silvio Orlando), affermato dirigente d’azienda, trasferitosi da anni a Torino, ritorna nella natia Calabria ed è colpito da Rosario (Michele Raso), un ragazzo schivo, taciturno e solitario, suo lontano parente, il cui padre è in carcere e la madre è stata uccisa nel corso di una faida.

Luigi gli propone, allora, di trasferirsi a Torino, dove è ospitato nella comunità di don Lorenzo (Mimmo Calopresti) che, preso atto della sua passione per la lettura, gli affida il compito di curare la biblioteca del Centro.

Luigi gli presenta il figlio Matteo (Paolo Cirio), un quindicenne un po’ sbandato, che affoga il proprio disagio nella pittura, ed i due ragazzi, seppur completamente diversi tra loro, legano, immediatamente.

Luigi è, intanto, sempre più sotto pressione; da un lato ha fatto carriera, sposando la figlia “matta” del suo datore di lavoro, ma, per motivi di opportunità, non può separarsi da lei ed ufficializzare la relazione con la dolce e paziente Serena (Fabrizia Sacchi); dall’altro ha scoperto che la Finanza e la magistratura stanno indagando sul suo conto perché il suocero, ha istituito, a sua insaputa, dei fondi neri per corrompere funzionari compiacenti.  

Alla ricerca di un capro espiatorio dove scaricare rabbia e frustrazione, Luigi, sulla scorta di alcuni episodi “sospetti”, si convince che ci sia dietro sempre lo zampino di Rosario.

Quando Matteo, non regge il gelo affettivo che circola in casa e tenta il suicidio, ingerendo dei farmaci, Luigi, ormai  convinto che Rosario abbia carpito la sua buonafede, lo scaccia.  Rosario, avendo compreso che non c’era più spazio per lui a Torino, ritorna in Calabria.

Con questo piccolo capolavoro, poco apprezzato dalla critica, Calopresti si colloca di diritto tra gli autori più interessanti della sua generazione. In questo film amaro e carico di poesia, (che non a caso si snoda da un lungo flashback a partire dal ricovero in ospedale di Matteo), il regista calabrese, con poche pennellate, tratteggia la solitudine e la disperazione che attanaglia i protagonisti della vicenda.

Calopresti non cade nella facile e retorica contrapposizione tra l’universo torinese (ricco e borghese) e quello calabrese (povero e proletario) ma accomuna tutti i personaggi della vicenda nella stessa (insperata?)  ricerca di affetti e di “normalità”.

Magnetico Silvio Orlando, convincenti gli esordienti Michele Raso e Paolo Cirio. Cameo di Andrea Occhipinti. Titolo preso da un verso di Dino Campana: “Fabbricare, fabbricare, fabbricare / preferisco il rumore del mare / che dice fabbricare fare e disfare”..

Per l’intervista completa a Mimmo Calopresti, l’antologia della critica e della critica online del film si rimanda al volume di Ignazio Senatore: “Mimmo Calopresti La parola cinema esiste” -Falsopiano Editore (2017)

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