Ragazzi difficili di Jordan Melamed – 2002

22 Luglio 2015 | Di Ignazio Senatore
Ragazzi difficili di Jordan Melamed – 2002
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Leyle (Joseph Gordon Levitt) è un ragazzo incapace di controllare i propri impulsi aggressivi e violenti. Oggetto di scherno da parte di un suo compagno di squadra, ha reagito fracassandogli la testa con una mazza da baseball. Lo psicologo Daniel Monroe (Don Cheadle) lo ricovera nel suo centro moderno e accogliente, specializzato nel trattamento di ragazzi problematici: Ken è un tredicenne che si è chiuso ermeticamente in se stesso dopo essere stato violentato dal patrigno; Sara, una ragazza dark in perenne rotta di collisione con la madre; Tracey, una bambolina dolce, tenera e indifesa, ossessionata da lancinanti incubi notturni; Ken, un biondino con l’hobby di fare a botte con il primo che gli capita a tiro e Chad (Michael Bacall) un ragazzino che al compimento del suo diciottesimo compleanno erediterà una fortuna e per non essere dimesso taglia la gola a un infermiere. Dopo aver reagito all’ennesima provocazione di Ken, Leyle fugge dal centro, ma ne farà ritorno, dopo aver compreso che scappare dai suoi problemi non lo aiuta a risolverli.

Sin dalle prime inquadrature si comprende che non siamo dalla parte di Ragazze interrotte e che in questo film non si respira quel clima finto e melenso, caro alle mega-produzioni hollywoodiane. Questi ragazzi pulsano e sono reali, come vive e concrete sono le loro sofferenze. E anche se nella struttura c’è un pazzo che crede di essere un uccello, il regista evita di cadere nella retorica e nella convenzionale proposizione del classico malato mentale scoppiato e fuori di testa. Melamed non giudica, non prende posizione ed evita i falsi moralismi e gli atteggiamenti di condanna nei confronti di chi non è in grado di controllare la propria distruttiva aggressività. Più che assolvere o condannare, il regista decide di raccontarci le storie tristi e desolanti di questi adolescenti dannati e senza speranza. Daniel, lo psichiatra che cerca disperatamente di dare loro una mano, è umano e molto professionale come dimostra questo breve scambio. Non mancano le scene dal sapore liberatorio, come quella del ballo, improvvisato su due piedi dai ragazzi in reparto e qualche scambio di battute volutamente ironico e irriverente.

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