Ignazio Senatore intervista Roberto Herlitzka

13 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
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“La mia faccia non è rassicurante. Posso fare sia il buono che il cattivo. Il mio primo ruolo al cinema nel film fu ne “La villeggiatura” di Marco Leto ed era quello di un capo manipolo fascista, perfido e cattivissimo. Anche in “Marianna Ucrìa” faccio il cattivo ma ne “Il mnemonista” o ne “L’ultima lezione” non è stato così.”

Esordisce così, un po’ a sorpresa, Roberto Herlitzka, uno degli attori più intensi del cinema italiano, interprete duttile, colto e sofisticato, Herlitzka ha calcato per anni i maggiori palcoscenici teatrali.

“Nel teatro le cose devono diventare assolute, anche la quotidianità. Tutto deve essere rappresentato perché al teatro puoi vedere solo la quintessenza delle cose, non la loro presenza. Al cinema tutto deve, invece, essere credibile all’istante.”

E mentre ascolti la sua voce che riconosceresti tra mille, il discorso scivola, inevitabilmente, sulle interpretazioni che ha fornito sul grande schermo: asciutte, rigorose, essenziali, prive di quei ghigni e di quei manierismi a cui ci hanno abituato gli attori d’oltreoceano.

“Il cinema lo interpreto in maniera diversa dal teatro. Al cinema mi adeguo ad una naturalezza. Il teatro è la rappresentazione di una naturalezza.”

Nel ripercorrere a ritroso la sua carriera artistica si racconta senza difficoltà, iniziando proprio dal film più “irrequieto” che ha interpretato in tutta la sua carriera.

“Quando Piscicelli mi fece leggere la sceneggiatura del suo “Il corpo dell’anima” mi sono spaventato. Non lo conoscevo e quando l’ho incontrato lui mi ha subito rassicurato sulle intenzioni artistiche della pellicola e mi ha dato da visionare una cassetta del suo film “Immacolata e Concetta”. Quando ho visto il film ho capito che avevo a che fare con un artista e non con un regista di film a luci rosse. Il suo modo di condurre le scene più scabrose è stato delicato, amichevole e tranquillo. Anche da parte di tutta la troupe c’è stato il massimo della collaborazione. La protagonista femminile nel film parla in romanesco ed ha un fare plebeo ed è, invece, una ragazza molto colta ed è laureata in antropologia “

Strano destino quello de “Il corpo dell’anima”. Nato come un romanzo scritto da Salvatore Piscicelli, e mai dato alle stampe è divenuto poi un film. Peccato per il regista, nativo di Pomigliano d’Arco che con questa pellicola straordinaria avrebbe meritato di gran lunga miglior fortuna.

Sereno, pacato, ironico Herlitzka mi regala un inaspettato giudizio tagliente su Roberto Faenza, cineasta che lo ha diretto in “Marianna Ucrìa”.

“Roberto sembra sempre freddo. Con lui si possono avere dei rapporti di tensione ma questo può anche giovare sul set. E’ un regista che chiede delle cose ma ne accetta anche delle altre. Non ha un rapporto affettivo nei confronti degli attori e li tiene un po’ a distanza. A me va benissimo, visto che anch’io non sono un tipo molto affettuoso.”

Gira e rigira il discorso cade sul regista che (forse) l’ha evidenziato più di tutti gli altri.

“Bellocchio è un grande artista e la sua presenza è ispiratrice. Ha un’attenzione totale, continua e sorveglia moltissimo i suoi attori. Non è che ti vuole forzare. Non ti dice mai: “Devi fare così” ma te lo insinua, te lo suggerisce in un modo emozionale e non tecnico ed alla fine finisci di fare come vuole lui.”

Più che il “Il sogno della farfalla”, “Buongiorno notte” è un film pieno di sottofondi. Per tutte le riprese del film, Marco mi ha guardato con un occhio particolare, con un’attenzione che cresceva sempre più. Poi ho capito; vedeva in me qualcosa che riguardava suo padre.”

Per sua stessa ammissione ama “disperatamente” Napoli e ricorda con gioia quando tanti anni fa registrò alla Rai un giallo diretto da Leonardo Cortese.

“Napoli è una città torturata. E’ di una straziante bellezza ed è unica. Fa sempre male vedere che è stata trattata così male.”

Per l’intervista completa si rimanda al volume “Psycho cult” di Ignazio Senatore (Centro Scientifico Editore-2006)

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