Secretary di Steven Shainberg – USA – 2002 – Durata 104’

5 Febbraio 2022 | Di Ignazio Senatore

Lee Halloway (Maggie Gyllenhaal), con un ricovero in una struttura psichiatrica alle spalle, ama farsi umiliare e dar sfogo alle proprie tendenze masochistiche. Oppressa dall’ambiente familiare, dopo aver conseguito il diploma di dattilografa, risponde ad un annuncio di Edward Grey (James Spader), un giovane avvocato che, dietro la faccina timida ed i modi gentili, nasconde un animo inquieto e delle velate tendenze sadiche.

Lee cambia progressivamente look e indossa abiti sempre più sexy e provocanti e, in questo perfetto gioco ad incastro, i due danno vita ad un’escalation sado-maso malsana ma tenera e delicata. Edward non regge il gioco e la licenzia.

La docile e sottomessa Lee finisce per accettare, passivamente, la corte di Peter (Jeremy  Davies), ma quando è sul punto di sposarlo, riesce a espugnare il cuore di Edward.

Vincitore del premio speciale della giuria del Sundance Film Festival per l’originalità della sceneggiatura, questa deliziosa e poetica pellicola diretta dal debuttante Shainberg è un concentrato di humour e ironia.

Nel descrivere la follia a due dei protagonisti, il regista sembra voler sottolineare come il dolore, la sofferenza, la sottomissione, non solo sono parti integranti della felicità ma possono anche essere fonti di gioia e di piacere.

Il regista evita le cadute di stile e pennella con sagace maestria le malsane fantasie dei due protagonisti. Fulminante il primo incontro tra Edward e Lee. L’avvocato, dopo aver letto le sue ottime referenze, è indeciso se assumerla o meno:

“Lei è troppo qualificata per questo lavoro. Si annoierebbe a morte”.

Lei non batte ciglia e gli risponde con un secco ed illuminante: “Io mi voglio umiliare.”

 

I dialoghi sono curati e quando Edward, estremamente attento ad ogni movimento emotivo della sua docile segretaria, scopre i continui tagli che Lee si provoca con la lametta, per farle coraggio, le dice: “Forse perché, a volte, il dolore interiore deve venire in superficie e quando vede le prove del dolore interiore sa di essere finalmente viva. Poi veder guarire, vedere le ferite che si rimarginano è consolante.”.  

Non mancano le scene ironiche e grottesche; su tutte quella di Lee che, dopo aver risposto a degli annuncio di masochisti, s’imbatte in un maschietto che si eccita solo se lui si sdraia a  terra in cucina e se il partner gli tira addosso dei pomodori.

Due scene sono da incorniciare; quando Lee lancia dal ponte la scatola dove conservava i coltelli per tagliuzzarsi e i cerotti per medicarsi e quella finale con la giovane protagonista, in abito da sposa, che rimane immobile per ore, seduta dietro una scrivania, in attesa che Edward, il suo principe azzurro, ritorni da lei.

Tratto da un racconto breve di Mary Gaitskill.

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