Cose da pazzi di Georg Wilhelm Pabst – Italia – 1953 – Durata 90’

11 Gennaio 2022 | Di Ignazio Senatore
Cose da pazzi di Georg Wilhelm Pabst – Italia – 1953 – Durata 90’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Diomira (Lianella Carell) è in vestaglia sul cornicione del palazzo in preda ad una crisi di nervi e, dopo aver lanciato in strada dei vasi di fiori, strepita e vaneggia. Accorrono pompieri ed infermieri che ricoverano, per errore, al suo posto, Delia Rossi (Carla Del Poggio), una giovane studentessa in lettere. Al suo arrivo a “Villa Felicità”, una clinica psichiatrica privata, è visitata da Gnauli (Aldo Fabrizi), un paziente che finge di essere psichiatra e che la giudica sana di mente e successivamente dal giovane dottor Carlo Forti (Enrico Luzi) che le diagnostica un “disturbo psicosessuale da frigidità”. Delia prova, invano, a convincere il professor Ruiz (Enrico Viarisio), lo scorbutico psichiatra, direttore della clinica, di non essere pazza. Dopo aver tentato la fuga con un ricoverato, che si scopre essere un maniaco sanguinario, Delia è messa in salvo dal dottor Forti che, rivedendo la diagnosi precedentemente formulata, si è, nel frattempo, innamorato di lei. Grazie all’ascendente che esercita sugli altri pazienti, Gnauli li invita alla ribellione e, dopo aver legato ed imbavagliato Ruiz, insieme agli altri medici ed infermieri, si impadronisce con gli altri matti della clinica. Approfittando della confusione Delia libera Carlo e si allontana con lui dalla clinica un attimo prima che la polizia interni in manicomio Ruiz e gli altri medici ed infermieri, ritenendoli pazzi e lasciando la clinica nelle mani d Gnauli e degli altri folli.

Strana e bizzarra incursione nella commedia di uno dei maestri dell’Espressionista tedesco, autore nel 1926 dell’indimenticabile capolavoro I misteri di un’anima che scatenò le ire di Sigmund Freud perché i suoi allievi Karl Abraham ed Hans Sacks che avevano collaborato alla sceneggiatura. Il film ha una trama sgangherata ed inanella una serie di gag alquanto prevedibili e scontate. Delia s’aggira per la clinica e, stanza dopo stanza, s’imbatte in bizzarri e squinternati ricoverati; un paziente ha inventato una macchina del tempo, un matto pesca con una canna in una vasca da bagno, tre donne giocano a canasta senza possedere le carte da gioco, un paziente è convinto di poter comunicare con l’esterno con un finto telefono ed una giovane paziente non può fare più il bagno per paura che la propria carnagione possa essere irrimediabilmente contaminata. Ruiz è descritto come uno psichiatra venale che, per non perdere i soldi della retta di Gnauli, gli concede di fingersi dottore. Direttore burbero dai modi severi, Ruiz maltratta medici ed ammalati ed impone che in ogni stanza della clinica ci sia la propria gigantografia. Nel prevedibile lieto fine Gnauli pronuncia un inno in favore della follia, ritenendola l’unica vera espressione di liberà concessa all’umanità.

Per i rimandi filmografici, le schede film ed un esaustivo approfondimento sul tema si rimanda ai volumi “Cinema Mente e Corpo” e “Cinema (italiano) e psichiatria” di Ignazio Senatore – Zephyro Edizioni.

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