Dietro lo specchio (Bigger than life) di Nicholas Ray– USA – 1956 – Durata 95’

23 Aprile 2020 | Di Ignazio Senatore
Dietro lo specchio (Bigger than life) di Nicholas Ray– USA – 1956 – Durata 95’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Ed Avery (James Mason) modesto e tranquillo insegnante elementare, per arrotondare il magro stipendio, lavora come centralinista in una compagnia di taxi. Trafitto da dolori lancinanti allo stomaco ed alle gambe si ricovera in ospedale per degli accertamenti. Il dottor Norton (Robert Simon) gli prescrive del cortisone, un farmaco sperimentale per la malattia di cui è affetto e lui migliora. Temendo l’insorgenza dei dolori, Ed assume la medicina in dosi sempre più massicce e come effetto collaterale, diventa in poco tempo, saccente, logorroico, irritabile e pieno di sé. Sua moglie Lou (Barbara Rush) e suo figlio Richie (Christopher Olsen non danno peso al suo brusco cambiamento d’umore ma in breve tempo Ed farnetica, è su di giri ed, in preda ad un delirio di gelosia, assale con un coltello Wally (Walter Matthau) amico e collega. Dopo un ricovero in un reparto psichiatrico le sue condizioni psico-fisiche miglioreranno.

Ispirandosi ad un reale fatto di cronaca, Ray, regista attento e sensibile, ci regala un’amara e melanconica riflessione su una famiglia della provincia americana, attanagliata da gravi difficoltà economiche. Nel denunciare i guasti legati alle assunzioni smodate di farmaci, Ray sottolinea come Ed inizi ad assumere cortisone in dosi non terapeutiche perché, economicamente, non può permettersi di sottoporsi ad altri accertamenti e ricoverarsi nuovamente in ospedale. Ray è un maestro nel mostrarci come l’assunzione non terapeutica di cortisone innalzi il tono dell’umore dello sfortunato protagonista, in maniera graduale ed inarrestabile. Vispo come un grillo, logorroico ed ipereccitato, calamita la sua attenzione sul tenero Richie, a cui  impone degli estenuanti esercizi fisici ed un impegno nello studio eccessivo e non adeguato alla sua giovane età. Il bambino, avendo intuito che l’equilibrio psicologico del padre è precario, accetta passivamente le angherie e cerca, inutilmente, appoggio nella madre che, per evitare di scatenare una reazione ancora più estrema del marito, sceglie di non intervenire e di rimanere nell’ombra. Sempre più dipendente dai farmaco che assume a dosi non terapeutiche, Ed  ne rimane senza e, fingendosi  medico, riesce ad ottenere da un compiacente e superficiale farmacista un’ennesima confezione. Il regista non ci mostra il protagonista mentre insegna ma ai genitori dei suoi piccoli alunni dichiara: “L’infanzia è una malattia congenita e lo scopo dell’educazione e curarla.”

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