Lo strangolatore di Boston di Richard Fleischer -1968

10 Agosto 2015 | Di Ignazio Senatore
Lo strangolatore di Boston di Richard Fleischer -1968
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Un serial killer s’aggira per Boston e dopo averle violentate, strangola con un nodo particolare le vecchiette che vivono da sole. La polizia segue un paio di piste e dopo aver setacciato i bassifondi della città contatta Peter Hurkos (George Voskovec), un soggetto dotato di particolari capacità telepatiche. L’uomo tocca un paio di foto, annusa un paio di calze delle vittime e dopo aver tracciato l’identikit del possibile omicida, fornisce il nome del presunto killer. Gli investigatori, capitanati dal viceprocuratore John Bottomly (Henry Fonda), si fiondano a casa del sospetto, ma si trovano di fronte a un ragazzo affetto da turbe mentali, che vive in un disadorno appartamento e che, schiavo di alcune fantasie perverse, si punisce lavandosi con le proprie urine. Il killer continua a mietere vittime, ma una giovane donna riesce a sfuggire alla feroce aggressione e, grazie al trattamento ipnotico del dottor Nagy (Austin Willis), rielabora l’esperienza traumatica. Questione di ore e Albert De Salvo (Tony Curtis), il sanguinario assassino, cadrà per caso nella maglie della polizia; solo allora scoprirà di essere affetto da doppia personalità e di essere l’autore di undici delitti.

Pellicola fredda e glaciale girata in perfetto stile anglosassone . Il regista per tutto il primo tempo porta a spasso lo spettatore e la figura di De Salvo inizia a fare capolino sullo schermo solo verso la metà del secondo. Fleischer non dissemina indizi lungo l’arco della narrazione, non vuole comporre il classico thriller, né un giallo mozzafiato, ma sembra voler (solo) narrare lo sconcerto di un uomo che scopre per gradi di essere affetto da una doppia personalità e di aver fatto strage di povere vecchiette. Il regista non vuole mostrare l’ennesimo serial killer, feroce e sanguinario, ma il classico ed insospettabile vicino della porta accanto, un anonimo operaio che lavora in un officina, marito e padre esemplare. Ma al di là delle buone intenzioni il ritmo è soporifero e non si comprende perché il regista affidi al viceprocuratore e non allo psichiatra il compito di smascherare Albert. Il dottor Nagy è uno psichiatra attento e non a caso, prima che (John) Bottomly inizi i suoi estenuanti interrogatori, lo mette in guardia sui rischi legati a tale operazione. “Sembra che lei non consideri il pericolo che corre De Salvo come paziente di questo ospedale. Se lei porta a riconoscere ad Albert, padre di famiglia a riconoscere Albert lo strangolatore sarà la sua fine). Potrebbe diventare catatonico, chiudersi totalmente, nascondersi da se stesso. Ne abbiamo un reparto pieno…Nessuno sa dove va la loro mente, ma non sono più con il resto dei vivi. Lei lo spinge nel precipizio”. Il film conquista però la sufficienza poiché Fleischer fa un grande sfoggio dello spleet screen, mostrandoci, in contemporanea, sul lato sinistro dello schermo lo strangolatore che sale le scale e si dirige verso l’appartamento di una vecchietta e su quello destro la povera vittima che si sta apprestando ad aprire la porta dell’appartamento.

 

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