Mirage di Edward Dmytryk – 1965

19 Giugno 2015 | Di Ignazio Senatore
Mirage di Edward Dmytryk – 1965
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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C’è un black-out a New York. David Stilwell (Gregory Peck) e Shela (Diane Baker) stanno scendendo al buio le scale di servizio di un palazzo. La donna è convinta di conoscerlo, ma David nega con decisione. Quando escono in strada, i due scoprono che Charles Calvin, una persona molto nota, è precipitato nel vuoto. David non ricorda più nulla del proprio passato e non comprende perché un paio di brutti ceffi gli stiano alle calcagna. Per scoprire la propria identità si rivolge, inutilmente, prima alla polizia, poi al dottor Broden (Robert H. Harris), un arzillo psichiatra che sente puzza di bruciato e lo molla su due piedi con una scusa. Sconsolato, David si rivolge a Ted Casille (Walter Matthau), uno spiantato investigatore privato che lo aiuta a frugare nel suo passato. David scoprirà di essere un famoso chimico-fisico che lavorava in un laboratorio di ricerca sulle radiazioni atomiche e che una sua scoperta faceva gola a molti. Dopo aver svelato l’enigma della morte di Calvin, ritroverà la memoria.

Spy-story ad alta tensione emotiva, con il classico scioglimento del mistero che avviene nelle ultime battute. Un convincente Gregory Peck interpreta alla perfezione il personaggio dello smemorato, marcandolo con un accento più interrogativo che patologico. Per permettere allo spettatore di comprendere come il protagonista stia ricostruendo, a uno a uno, i pezzi del proprio passato, disposti alla rinfusa nella mente, il regista ricorre a illuminanti flashback. Inconsueta e bizzarra la figura del dottor Broder, uno psichiatra che David contatta dopo aver scoperto per caso che aveva scritto con il collega Ellman un volume dal titolo La parte oscura della mente e con il quale darà vita a un’incandescente seduta. Non appena David gli dice di non ricordare più  nulla Broder s’insospettisce e lo liquida su due piedi. L’inizio della seduta è però assolutamente schioppettante e il dottore lo accoglie con questa squillante affermazione: “Ellman è morto da oltre dodici anni. Lei ha trovato i nostri nomi su quello stupido libro. è l’unico punto di contatto che io ed Ellman abbiamo mai avuto. Lui era un freudiano; io sono un genio”. Da un racconto di Howard Fast.

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